Mi stupisco invero a scoprire che su Debaser nessuno ha mai fatto una recensione su questo disco, forse perchè troppo poco conosciuto o forse perchè si tratta di un episodio atipico della band di Sheffield. Che non sia un disco particolarmento allegro si vede già dalla copertina dove in basso campeggia la scritta: "Ten stories about claustrophobia, suffocation and holding hands". Questo disco  è un viaggio malsano, viscido, paranoico, smanioso... Ci sarebbero mille altri aggettivi per descriverlo ma non si potrebbe capire appieno se non lo si ascolta.

Il disco si apre con "Fairground", un pezzo che potrebbe essere uno scarto dello Zappa di Hot Rats, surreale, grottesco. Il pezzo mantiene una irrequieta calma fino alla metà di esso dove esplode in una grassa risata di ascendenza grandguignolesca e marinettiana: "And the man at the side of me start a lewd laugh...AHAHAAHAHA" per poi ritornare "quieto" come prima. Si continua con "The Never Ending Story" (no, non è la storia del cane abnorme e del ragazzino eroe, lasciamo a Lihamal 'ste cose) un accompagnamento orchestrale, una voce che ti entra nella testa...qui Jarvis Cocker si incorona "re del proprio niente" e dimostra una feroce quanto perversa attitudine alla farsa grottesca. La successiva "I Want You" si affida ad un crooning molto intimo e confidenziale sbocciando in un ritornello "soul" molto levigato che potrebbe richiamare le atmosfere del loro primo disco "It". "Being Followed Home" ribadisce la tendenza di questo disco ad aprire all'ascoltatore mutevoli e dettagliate geografie sonore sulle quali si posa la voce inconfondibile di Jarvis. "There Is No Emotion" è forse il pezzo più fiacco dell'intero album, Cocker guarda allo specchio la sua solitudine e si mette nei panni di un abulico e ciondolante Elvis o Sinatra di fine carriera, Jarvis traspone in una grana musicale volutamente arida e pervasa da un pallore a dir poco cadaverico. E qui signori cala il sipario con uno dei più bei pezzi scritti dai Pulp: "They Suffocate At Night". la canzone riprende il canto melodrammatico tipico dei chansonnier francesi e lo traspone in un arido clima new wave, post-punk, con un violino secco e una base ritmica minimalista. Cocker si immedesima un Serge Gainsbourg paranoico, fobico e cadaverico.

Che dire? Un disco troppo ma troppo sottovalutato....consigliato a tutti gli amanti del dark, gothic rock, sebbene i Pulp non rientrino in questo filone. Per integrare materiale all'ascolto consiglio la raccolta "Masters Of The Universe" con tutti i singoli del periodo (non apparsi su nessun album) fra tutti splendido "Aborigine" uno psicodramma tribale alla Fall.

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