Sul versante straniero delle nostre belle Alpi ci deve essere qualcosa che non va, qualcosa di malevole, di putrido, d'una oscurità abissale. Altrimenti non ci si potrebbe capacitare delle efferate proposte musicali provenienti dalla Svizzera e dall'Austria: dai mostruosi (e mostri sacri) Celtic Frost, ai diabolici e spaziali Samael, dai folli Disharmonic Orchestra ai bizzarri e geniali Coroner, passando per gli intimistici Sadness (mi piacerebbe proporvi qualcosa a breve di questo misconosciuto combo elvetico, magari "Danteferno").

And last but not least i nostri Pungent Stench: cioè la più sudicia, depravata e sinceramente pervertita band proveniente direttamente dal girone infernale dei sodomiti (che probabilmente deve essere assai vicino alla residenza artistica dei nostri, quindi Vienna e dintorni), eiaculati dal calderone death nella seconda metà degli anni '80.

Dal seminale "For God your soul... for me your flesh", passando per "Dirty rhymes and psychotronic beats" (copertina davvero "notevole" se amate l'S/M più fetido e meno cerebrale) fino al pericoloso (per le tematiche fin troppo de sadiane affrontate) e decadente "Masters of moral, servants of sin", una lunga marcia che dura da quasi due decenni alla ricerca interiore del limite al disgusto oltre il quale si deborda nel pacchiano e nel ridicolo. Ogni release è concepita per spostare un po' più in là il senso del pudore dell'ascoltatore, la sua riluttanza alla sottomissione ed alla lascivia, alle sperimentazioni sessuali, al comune senso del decoro. Anche i fatti più drammatici vengono reinterpretati sotto l'occhio satirico( nel senso più estremo del termine) e cinico di Schirenc (chitarra e voce) e Mr. Stench (batteria), veri maestri di perversione e deformazione della realtà oggettiva.

In questo contesto si inserisce la più recente uscita discografica dei nostri: "Ampeauty", gioco di parole per indicare la bellezza dei corpi (ehm femminili) mutilati (anche le migliori parole non possono descrivere il booklet interno che la Nuclear Blast ha lasciato che venisse pubblicato), nonché argomento portante dell'album.

Dal punto di vista prettamente musicale ci troviamo di fronte ad una miscela di sporco acid/ stoner rock (che a volte ricorda perfino gli immensi Trouble di "Maniac Frustration"), doom sabbathiano e sano death metal old school di chiaro stampo europeo. Ora vi starete chiedendo se una cosa simile non l'avessero già proposta gli Entombed da "Wolverine Blues" a seguire, ma non lasciatevi ingannare: partire dagli stessi presupposti non significa raggiungere gli stessi risultati.

Il disco suona dannatamente originale e sincero, compatto al punto giusto e mai caotico: unico punto debole il lento affievolirsi nelle track finali, diciamo da "No guts, no glory" (track n°8) in poi.

Note di merito alla triade iniziale dell'album: l'opener "Lynndie (She-Wolf Of Abu Ghraib)" dal micidiale riff portante (la song è dedicata al tenente donna dei marines fattasi fotografare nell'atto di torturare prigionieri irakeni nella prigione di Abu Ghraib), la successiva "Invisible Empire", dall'inusitato break centrale tutto blues come nella migliore tradizione sudista, e la "quasi" (visto cosa tratta maggiormente l'album) title track "The Amp Hymn", dall'agghiaggiante arpeggio distorto su cui si basa il chorus.

Niente male anche la depravata e potenete "Got Milf?" (se vi piacciono le donne mature....) e la sulfurea "Apotemnophiliac". Da sottolineare anche l'ottima e cristallina produzione, nella quale tutti gli strumenti hanno una notevole definizione senza perdere in potenza e tiro.

In conclusione se avete stomaco robusto ed una insana voglia di stranezze, allora questo "Ampeauty" vi farà cantare a squarciagola al ritmo di un deforme e marcio sick death metal (come loro stessi si definiscono).

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