È e rimarrà la cosa più inquietante che ho visto. Lo vidi che avevo 13 anni, non dormii per due notti, e per una settimana ebbi seri problemi a prendere sonno: ero terrorizzato. Visto che l'appartamento in cui vivevamo aveva un lungo corridoio con le stanze che si susseguivano e alla fine il bagno, trattenni la minzione tutte le notti per non andarci talmente la paura che dalla porta della cucina quando passavo mi sarebbe arrivata una coltellata dall'oscurità.
Un impatto devastante di orrore psichico che subdolo mi accompagnò per mesi e che mi portai in vacanza nella vecchia casa dei nonni al paese che era come la vecchia casa nel film, dove quando rientravo a notte inoltrata avevo l'angoscia di aspettarmi di vedere, in una finestrella vicina al lavandino che dava in un vicolo cieco, il volto di una "sorella" che ridendo mi fissava...
Dopo qualche anno lo rividi e anche lì non dico come la prima volta ma un disagio e un'inquietudine che mi stava addosso sempre: "è girato male, gli attori recitano così così", e allora? Sofismi che non inquadrano l'efficacia del film che ti fa letteralmente cacare in mano. Comunque, anche adesso, quando lo rivedo è disturbante, un mal di pancia... I brividi si eternizzano quando comparo le foto delle mie nonne da giovani con l'immagine del film della foto delle "protagoniste" nella loro dannata trasferta brasiliana: gli stessi capelli, gli stessi vestiti, lo stesso sorriso...
Le "sorelle" sono l'orrore massimo, niente e nessuno le può avvicinare, non c'è romanzo, non c'è motivo, la loro azione non crea appigli di giustificazione, c'è quella musica che ti soffoca il grido in gola. È l'incarnazione di un male puro che viene dalle zone centrali dell'inferno e che ci paralizza. E il fratello, pittore "in extremis" tanto amato, Buono (Legnani) si chiamava, come se il bene e il male fossero concatenati inevitabilmente se considerati.
E l'assurdo matematico è che se fai parte di questo gioco i "buoni sentimenti", che ti fanno pensare che sei una persona brava e dunque giusta dal tuo punto di vista, beffardamente vanno a nutrire principalmente l'altra parte creando scontro, opposizione: la dualità si alimenta col dolore. Così possiamo collegare a questo l'allucinante collusione dell'omertà del paese, come se tutti riconoscessero in loro quel potenziale maledetto e ci si girasse dall'altra parte per non affrontarlo, per non ammettere che siamo tutti dei "mostri", che siamo in balìa di forze misteriose e la vergogna del miserabile che è in noi ci blocca nella dannazione. Uno si rifugia nella consolazione giustificandosi nel silenzio e nel cercare di rimuovere: ma, ricordiamolo, non si cancella niente, niente... Rimandare lo scontro rafforza il nostro nemico.
Il corpo è dritto leggermente in avanti, la pianta del piede aderisce completamente a terra ma il peso è portato sugli avanpiedi. Quando si tira il colpo l'addominale controlla l'equilibrio, spalla, gomito e una lieve chiusura di polso, abbinata al serrare le falangi sul manico con una pressione che fa per un momento diventare bianche le unghie, frustano misurati il fendente. Impercettibilmente il tallone nel colpo si solleva di qualche millimetro cosicché la macabra estetica biomeccanica è servita ineccepibilmente ai nostri incubi. Il punto morto superiore dell'orrore è dilatato a dismisura.
La coltellata è secca con un rinculo quasi immediato ma leggero, che permette alla lama di affondare nella carne quel che basta, non penetrando eccessivamente in profondità per evitare di fare danni permanenti troppo presto. Il coltello così lacera il giusto. L'abilità di non toccare alcun organo vitale è ammirevole. In questo osceno equilibrio l'appeso si ritrova in un dissanguamento lento nel dolore, lento quel tanto che basta a fargli incontrare coscientemente la propria morte. Il momento del trapasso nutre l'orrido piacere di chi lo ha provocato.
A seconda degli schizzi di sangue presenti sul fazzoletto bianco portato a protezione dei capelli, capiamo la bravura del parossismo omicida: meno schizzi più bravura chirurgica, meno schizzi più sofferenza, meno schizzi più crudeltà. Essenziale poi pulire tutto subito dopo la performance, non è successo niente e... avanti un altro!
Agghiacciante il finale di questo racconto gotico condito da nebbie emiliano-padane che riesumano ataviche paure. Disturbanti "salassi" applicati con metodo e coordinazione alla carne direttamente dalle zone più centrali del male. Lo strazio, il ghigno, la crudeltà fine a se stessa: se te beccano le "sorelle" so' cazzi, la contessa Bathory je fa 'na pippa...
"I miei colori, i miei colori"...
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