Mi appresto a scrivere la recensione su un album di cui si è detto e ridetto e che sicuramente non dirà niente di nuovo, ma, adorando tale album, non posso fare a meno di recensirlo. "A night at the opera", quarto album dei Queen, datato 1975, è l'album che ha consacrato la band nel mondo, l'album che li ha liberati dalla crisi economica, dovuta a un contratto fatto con i fratelli Sheffield, che stabiliva che la band non avrebbe ottenuto nessun riconoscimento in denaro per la musica.

I Queen in questo album uniscono stili diversi, ci buttano tutto ciò che hanno provato ed è l'album che forse li rappresenta di più. L'album parte con "Death on two legs (Dedicated to...)". Un pianoforte leggermente inquietante sfocia in un assolo di chitarra elettrica da pelle d'oca e la voce di Freddie entra in campo con uno dei testi più acidi e diretti della storia dei Queen. "Lazing on the Sunday afternoon" è un espediente per respirare un po' e sorridere per la comicità della canzone. "I'm in love with my car" è una dichiarazione d'amore di Roger Taylor, batterista della band, alle macchine, un omaggio al mondo dell'automobilismo di cui è appassionato da sempre. L'unico contributo testuale da parte del bassista John Deacon arriva con "You're my best friend", dolce e pregevole canzone d'amore dedicata alla moglie. È arrivato il momento di una bella ballata folk, firmata Brian May, che con la sua chitarra ci illustra una scena proiettata nel futuroma con riferimenti al passato, il lontano '39 in cui stava avvenendo la Seconda Guerra Mondiale, guerra che si è portata via una miriade di poveri soldati. "Sweet lady" è la canzone peggiore secondo me nell'album: è un modesto pezzo hard rock, che sa un po' di riempitivo. "Seaside rendezvous" richiama a Lazing on the Sunday afternoon con la sua melodia divertente - comica.

Il lato B è onorato della presenza di un masterpiece, il vero pezzo forte dell'album, una perla hard rock dai molteplici cambi di tempo e di registro, "The prophet's song", la canzone del profeta, il cui testo parla dell'Apocalisse vissuta dalla gente con terrore. A questo masterpiece segue "Love of my life", seconda canzone d'amore dell'album, stavolta scritta da Freddie Mercury: sarà uno dei pezzi più apprezzati della band intorno al mondo, soprattutto in Sud America.Di bell'effetto e dalla bella melodia è "Good company", divertente dixielandnel quale Brian May si immedesima in un barbone che ha perso moglie e figli, soldi e casa. Alla posizione n°11 in scaletta c'è un pezzo che non ha bisogno di presentazioni, un masterpiece per antonomasia, ritenuto da molti come la migliore canzone rock di tutti i tempi (anche se a torto secondo me - ce ne sono di migliori), una meraviglia articolata e piena di cambi di tempo, la "Bohemian rhapsody" che è diventata famosa per i coretti al centro del brano e i "Mama" sofferenti di Freddie Mercury. Non mi metterò a descrivere la canzone descrivendone la struttura: è inutile. Quel che ritengo importante è l'aspetto soggettivo: questo pezzo da pelle d'oca è uno dei migliori dei Queen, se non il migliore per bellezza compositiva, un pezzo che mette la pelle d'oca dalla prima all'ultima nota, dalla prima all'ultima strofa. Semplicemente sublime! Ci possiamo rilassare alla fine dell'album con un arrangiamento della band dell'inno nazionale inglese, "God save the Queen".

"A night at the opera" è un disco pomposo, pieno di epicità e degno del nome dei Queen, regali e pieni di eccessi. "A night at the opera" rappresenta l'eccesso, la perfezione artistica, il momento culmine di una band che in esso ha messo tutta la propria anima. A night at the opera = Queen.

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