Lo spazio è caldo e il momento è catartico.
Questo è il momento per fare digressioni perché “Hot Space” (1982) rappresenta la fenditura più marcata nella carriera dei Queen, una spaccatura che divide ancora le opinioni e che illo tempore spinse l’album, diciamolo chiaramente, ai bassifondi flop. Questa recensione sarà piuttosto lunga perché cercherà di capire tutti i lati della vicenda.
I Queen finora si erano cimentati in brani tipici e atipici, rock (inglese), rock’n’roll (americano), folk, country, di tutto di più. “The Game”, album precedente, ha rappresentato come è stato detto una sutura tra vecchio e nuovo, un saldo punto nel passato e uno slancio verso il presente. Il gruppo nacque come gruppo rock ma si dimostrava, come generi, a tratti istrionico sempre però non stravolgendo questa regola col tempo. “Hot Space” fu uno schiaffo in faccia a tutti quei fan che si sentirono traditi perché, laddove “The Game” aveva rappresentato un porto sicuro (rock’n’roll) e un tuffo in mare (disco-music), questo è quasi totalmente incentrato sulla disco music imperante. Cos’è accaduto? Come ci poniamo oggi di fronte a questo disco così compromesso? Vediamo un po’ il track by track e ne trarremo le somme. Vediamo nel frattempo cosa i nostri Queen hanno combinato.
1) “Staying Power”. Mercury. Nata con il titolo “Fucking Power”, non cambia in realtà in sostanza perché il tema è caldo come tutto il disco. Narra dell’ atto sessuale in maniera piuttosto scurrile e diretta anche se simbolica del tipo ”guarda cos’ho, ne ho un bordello, è una dinamo carica, mi chiedo quando me la darai!” . Dove son finiti i Queen così “witty” nel descrivere il sesso? Mah! Il ritmo è molto piacevole e gli arrangiamenti alle trombe sintetizzate e non solo è ad alti livelli. John Deacon è in forma smagliante. Questo è il suo disco. Il finale ci regala una simulazione orgasmica che forse non tutti avranno capito ”Power, power, power, poweeeer uooooh… ”. Grande forma di vocale di Mercury. Uno dei brani icona dell’album e uno dei migliori.
2) ”Dancer” . May. Il livello cade come un treno da una montagna russa. Brano così scontato e in pienissima sintonia anni 80 non si poteva ottenere e neanche i salti vocalici di Freddie la redimono. Anche qui il sesso è al centro e i quattro ritratti in copertina in colori caldi ne sono consapevoli. Decisamente banale e noioso.
3) ”Back Chat”. Deacon. Pezzo interessante che si pone a metà strada tra idea originale e idee standard anni 80. Si analizzano tematicamente tutte le cattive voci nei confronti di Freddie Mercury and companies il quale Freddie gira anche un video in una discoteca/meccanica in cui non vi è nessuno e strani simboli come la chiave bollente che non trovano risposta. Sembra un brano, come i primi due, concepito per essere ballato e la chitarra di Brian May finora assente quasi nell’ album, trova qualche ruggito. Apprezzabile.
4) ”Body Language”. Ottimo piazzamento come singolo in USA ma scarso in UK. Uno dei picchi alti dell’ intero album. Esperimento dance-swing in cui un superbo Freddie Mercury raggiunge vette da capogiro rivelandosi un talento come pochi. John Deacon ancora lui! Un arpeggiatore allucinante di grande carisma creativo. Canzone anche questa molto arrapata, diciamolo pure: “grandi belle cosce, hai il culo più bello che abbia mai visto” . Degno della migliore disco-music anni ’80.
5) ”Action this day”. Taylor. Ecco il ritmo binario su cui si fonda tutta la musica anni 80 ma molto velocizzato da Roger Taylor. Molto vivace e delizioso nell’ ascolto. Gustoso cocktail di sintetizzatore centrale ( nel brano embroniale era ancora più lungo e interessante) e trombe. E’ una canzone che mette di buon umore con quel suo ritmo un po’ furbesco e birichino. Bravo Roger!
6) ”Put out the Fire”. Brian May ha sempre dichiarato di odiare questo album ma sappiamo il perché: non ebbe molto spazio. Questo è un brano però in cui lui, l’autore, può svegliare un po’ la sua chitarra. Pezzo che scivola abbastanza rockeggiante ma non riesce a riprodurre le emozioni dei tempi davvero “ rocciosi” . Ci passa un abisso nonostante meriti la sufficienza anche per il testo che ironicamente invita a cessare il fuoco. Ancora una volta l’elemento caldo ma in chiave sociale. Sufficiente.
7) ”Life is Real (Song for Lennon)” . Brano di Freddie dedicato a John Lennon da 2 anni scomparso. Molto carico di emozioni e molto triste nonostante non si tratti di ballata lenta ma molto portante. Riferimenti a “Kubla Khan” di Coleridge come “il palazzo dei piaceri” e a romanzi gialli. E’ un brano che invita a riflettere che la vita è una cosa seria ed è di un pessimismo cosmico molto evidente. E pensare che l’idea originale partì in aereo con Freddie che su un foglietto annotò “cum stains on my pillow” , poi corresse la prima parola con “cunt” e alla fine “guilt” . A voi le traduzioni. Da notare l’intensità con cui canta “Lennon is a genius, living in every pore. ” Oggi i due chissà dove saranno e questa canzone mette davvero brividi dietro la schiena. E che suggestione. Favola.
8) ”Calling all girls”. Altro ritmo binario ma pezzo che rappresenta la feccia dell’album. Brutto, orripilante, poco creativo, testo di una scemitudine assoluta. Il video fu bandito. Si salva solo l’arrangiamento, figuriamoci. Taylor ha scritto una vera e propria boiata ma la colpa è del gruppo intero. E che sono poi quegli effetti stile “peto” al centro del pezzo? No, non ci siamo proprio.
9) ”Las Palabras de Amor” . Partorito dopo il mega tour sudamericano dove i Queen riscattarono clamorosi successi riempiendo stadi di 200. 000 spettatori, questo è un brano in cui emerge il vero Brian May, l’autore. Bello, molto bello con ritornello in spagnolo. Ormai abbiamo capito che i sintetizzatori sono diventati parenti ai Queen ma quell’arpeggio alla tastiera di Brian è una delle cose più celestiali che abbia mai ascoltato. Buon sangue non mente…
10) ”Cool Cat”. Che brano! Reggae molto estivo. Cantato tutto in falsetto (più o meno) e scritto dai due ideatori (colpevoli?) della disco-music nel magazzino Queen (Mercuri/Deacon). E’ un brano da ascoltare in macchina in un viaggio con paesaggi estivi in vista. Il testo parla di un tipo sfacciato, chissà chi, non di un gatto! Inizialmente David Bowie contribuì a cantare parti gravi per accentuare il “caldo” del brano ma poi l’idea fu scartata. Peccato! Il brano più estivo dei Queen.
11) ”Under Pressure”. Dopo che i Queen venivano da un successo strepitoso con “The Game”, tour e “Flash Gordon” e David Bowie con “Scary Monsters”, il primo posto in classifica e l’amore che per questa canzone tutto il mondo prova ancora è solo il minimo. Due grandi voci, una tenorile e l’ altra baritonale, quello schiocco di dita tipico, queste due radici del glam, questo pezzo così “ barocco” nell’architettura eppur così orecchiabile, quel finale così magnanimo e immenso fanno di “Under Pressure” una canzone top 10 dei Queen. In un mondo di così forte pressione, diamo all’amore un’ altra occasione… Unforgettable…
Se “Hot Space” in USA fu recepito bene, se piace così tanto a quegli italiani che si accingono a conoscere meglio la discografia Queen e che rimangono delusi magari dai primi album e non da questo e se questo fu un fiasco in UK, il motivo è semplice e storico. Negli USA la disco music destava da anni forti interessi, all’Italia piace la melodia e il ritmo più che il casino rock, per fan storici inglesi invece fu una delusione incredibile. Non solo gli inglesi erano vissuti a pane e rock ma non erano abituati, nel caso dei Queen, alla rottura totale col passato. David Bowie, lui sì che poteva permettersi di passare di album in album e stravolgere completamente tutto il castello costruito prima. I suoi fan erano abituati e se lo aspettavano. I Queen no! La loro evoluzione fino a “The Game” era stata sempre graduale ma ora sembrava eccessivamente radicale. Mettetevi nei panni dei fan storici! Vedere Brian May relegato nell’angolino proprio quando la sua chitarra così “speciale” rendeva unico il sound dei Queen non doveva essere bello. I malumori c’erano anche all’interno del gruppo e, prima volta nella loro storia, decisero di prendere un anno off. Quella decisione così forte di cambiare stile e parlare per un album intero quasi solo di sesso “sbattuto in faccia” era anche sintomo di stanchezza, inevitabile dopo 10 anni ininterrotti.
A pagarne di più fu May ma Mercury era abbastanza soddisfatto e consapevole che “l’era Boh Rhap è terminata e che oggi Body Language l’ ho scritta con lo stesso feeling di quel brano di anni fa. Non potrei più scrivere Bohemian Rhapsody per come sono fatto oggi”.
“Hot Space” è un bel disco in cui i Queen, per non cadere nel banalismo di rifare ancora rock o rock’n roll, inciampano nel commerciale dance ma 3 o 4 perle di musica, sui cui lavorano da grandi artigiani, ancora una volta sono garantite.
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