Imbattendosi in un forum espressamente queeniano, sarebbe subito follia recensire negativamente quest'album che è tanto caro ai fan dei Queen ma questo è anche un album in cui compaiono due o tre grandi cavalli di battaglia e tutto il resto è roba di poco conto.

L'album del 1977 dal titolo "News of the World" che prende il suo titolo da un noto magazine inglese e che deve l'idea di copertina allo scrittore fantascientifico Frank Kelly Freas, ritrae un robot che ha in mano dei Queen squartati, strangolati. È il caso di dirlo! Dove son finiti i Queen baroccheggianti di "A night at the Opera" o "A day at the Races"? Dove lo sperimentalismo? Dove la coerenza tematica e stilistica di "Queen II"? Perse. L'album promette bene, diciamocelo. L'inizio è qualcosa di travolgente, unico ed irripetibile, tanto bello che apre l'album ma chiuderà SEMPRE d'ora in poi i concerti dei Queen: il binomio "We will rock you/We are the champions".

1) "We Will Rock You". Suppongo siano nella storia della musica pochi i brani così minimalisti e così potenti. Un semplice e martellante tri-battito di Roger Taylor, un cantato quasi parlato di Freddie Mercury e alla fine un semplice assolo di Brian May, l'autore. Brano da stadio, brano da Storia.

2) "We Are The Champions". Freddie Mercury pensò al calcio anche se non ne era appassionato e si disse: Come posso creare qualcosa di trionfale ma non volgare e banale? Ecco il trionfo. Un incipit riflessivo sulla carriera, un pianoforte che segue la riflessione, un crescendo improvviso e l'esplosione in un ritornello indimenticabile con tanto di cori. Credo che ancora oggi esso rappresenti lo spirito di squadra per eccellenza. Tre minuti di canzone, un'epoca!

3) "Sheer Heart Attack". Scritta da Taylor, riverberante il titolo del loro terzo album, uno dei pezzi meno innovativi. Siamo gli inizi del Punk (siamo nel 1977) e questo pezzo s'intonerebbe bene con quell'epoca per carica ma non per stile. Il solito Taylor alle prese con manie di persecuzione rock 'n'roll. Funziona davvero bene dal vivo ma risulta essere un brano scontato e ripetitivo.

4) "All dead, all Dead". Una lagna. Spesso Brian May ha sfornato capolavori indiscussi su cui tornerò ma inceppa spesso in nostalgie molto personali e sterili di poco spessore. Dedicata al suo gatto morto anni prima (c'era davvero questo bisogno incombente?), risulta essere molto leziosa e poco incisiva. Nessun ritmo, solo piano neanche tanto arpeggiato e voce di Brian con cori anche di Freddie. Di sicuro un pezzo inferiore ma non certamente inascoltabile.

5) "Spread your wings". Scritta da Deacon, il bassista (per chi non lo ricordasse). È un piccolo gioiellino in stile Queen che racconta i sogni di un piccolo ragazzo lavoratore che sogna di diventare qualcuno mentre il suo padrone lo invita a pensare a quello che già ha rispetto alle avventure e agli investimenti. L'invito è comunque a "spiegare le ali" perchè l'uomo è libero, sempre. Eseguita molto bene dai Queen e da un Freddie più che mai in splendida forma. Oggi è una grande riscoperta. Imperdibile.

6) "Fight from the Inside". Di Taylor, apre i Queen a ritmi più dance. È la vera canzone pioniera della svolta del gruppo verso nuovi stili disco futuri ma in sè e per sè non dice nulla e risulta una capsula isolata in tutto l'album con temi decisamente lapalissiani: "lotta da dentro, aggredisci alle spalle..." Buttata nel mezzo, come un giocatore di riserva. Mediocre.

7) "Get down, Make Love". Sostenere che sia il brano meno riuscito dei Queen non è utopia. La band, che fino a quel punto non aveva mai trattato il sesso esplicitamente se non intelligentemente, questa volta si fa nudo e crudo con "stenditi, facciamo l'amore... ogni volta che sto a ferro tu sei un ghiaccio... ecc". Da notare anche la parte musicale: ecco che assistiamo ancora una volta ad un'altra rottura nella tradizione Queen ossia l'ingresso di sintetizzatori che tanto avevano distint la band da altri gruppi. Qualcuno sostiene che gli effetti centrali sono ottenuti con la chitarra "Red Special" di May ma è poco credibile. Un disastro.

8) "Sleeping on the Sidewalk". Se qualcuno non conoscesse lo Swing comincerebbe a battere il dito sul tavolo molto divertito ma come lo stesso Brian May dichiarò, questo era un pezzo solo per dimostrare che lui sapeva anche fare Swing come tutti i chitarristi (come se i fan non lo sapevano già!) e, da notare, è anche registrato in presa diretta (a dimostrazione della poca accuratezza negli arrangiamenti, altro che diretta!). Questo ci fa capire come tutto l'album continua ad essere un mosaico di stili diversi e questa canzone ne è l'esempio più vile. Inconcepibile passo indietro.

9) "Who needs you?". Continuiamo col pastiche. Di John Deacon, è una ballata divertente anni '30 e anche ironica storia d'amore di tira e molla con un lui che protesta "Chi ha bisogno di te?. . . Io dico alle sei e mezza e tu ti fai viva alle sette. . . io faccio un passo avanti e tu me ne fai fare tre indietro". Ecco, ancora un altro stile!!! Canzonetta da viaggio in macchina.

10) "It's late". Brain May ripete l'esperimento di fondere due canzoni in una come in "Doing All Right" ma non solo. L'inizio è una pennellata di chitarra classica che promette bene se non fosse che dura per quasi sei minuti interrotta da ritornelli con poche varianti e da brevi stacchi rock'n'roll forse per infrangere il tedio. Un nota però è degna di attenzione: questo è il pezzo che vede Freddie Mercury svettare voli pindarici con la voce raggiungendo vette come Do#4 soavemente eseguite. Il testo parla di una storia d'amore che sta per finire, ma è tardi per troncare? Forse non è tardi? Mah! Alla fine è proprio tardi, ovviamente e la storia finisce. Un po' macchinosa e schematica. Non va.

11) "My Melancholy Blues" Ebbè, non poteva mancare il blues in questo minestrone di stili ma non possiamo, pur essendo puristi della buona musica, non accettare altrettanto purismo in questo pezzo incredibilmente affascinante, sognatore e "performed" con una maestria ed eleganza che solo Mercury possedeva. Dimentichiamoci dell'album e lasciamoci accompagnare da questo blues dolce e malinconico, impeccabile strumentalmente e che voce ragazzi!!! Falsetti e voce piena in grande armonia. Pezzo eccellente, divulgatelo!

I brani dell'album, presi singolarmente, non sono da tappo nelle orecchie. Il problema è che i Queen, sull'onda del successo, appaiono un po' stanchi a livello compositivo dopo le estenuanti prove di "A night at the Opera" e figlio... e nel tentativo di dimostrare ancora la loro bravura, si buttano in più generi dando vita ad un ibrido con pochi grandissimi punti di luce. Tutta l'energia è lì. Chi non conosce la musica lo porterebbe ai vertici, chi già la conosce dormirebbe per il 70% dell'album risvegliandosi solo con mitici abbagli di regalità Queen.

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