Quattro uomini che fanno i conti con il passato e con il futuro. Sono questi i Queen del 1984, quattro ragazzi che vengono da un momento di s-bando totale. Freddie Mercury e Roger Taylor che tentano la strada solista senza successo e gli altri due a suonare per conto loro. Il 1983 è stato un anno difficile di clausura dalla macchina Queen, anno che avrebbe anche potuto costituire la rottura definitva del gruppo.
Quando penso a quest'album immagino questi 4 Queen che hanno di fronte a loro quelli di 2 anni prima, stile film Western ma con una rivoltella ultima generazione in mano. Che fare? Sparare e rinascere o farsi travolgere dai quei quattro Queen molto dance e poco Queen? Spareranno questi ultimi, andranno avanti loro con le loro nuove rivoltelle, simbolo di modernità updatata: "The Works", i lavori nel passato e nella nuova generazione.
1) "Radio Ga Ga". Stra-amata dai fans dei Queen, molto apprezzata dagli estimatori di musica elettronica anni 80, conosciuta da tutto il mondo ma non ben vista dai soliti rock-centrici. All'epoca fu amata anche da quei fan che due anni prima furono delusi dalla svolta troppo pop e dance. Pensare che l'idea originale assomigliava all'Ave Maria di Schubert. Roger Taylor scrisse un brano pensando al suo figlio ancora infante Rufus Tiger che, ascoltando un pezzo forse troppo rumoroso alla radio, esclamò: Radio Ca ca... E da lì nacque quella nostalgia per la radio di un tempo osannata nel testo, quel senso di una musica che stava cambiando irrimediabilmente con tripudi di sintetizzatori e che è il tema centrale dell'intero album. I Queen guidavano una navicella spaziale su scene tratte dal film futuristico, guardacaso, "Metropolis". Tutto il mondo alzò le mani al cielo, cantò "Radio Ga Ga" e s'illuminò di immenso!
2) "Tear it Up". No, stavolta Brian May vuole essere presente nel disco e presenta uno dei brani rock più duri del repertorio. L' ingresso è uno sfavillare di chitarre ruvide con un ritmo stile frusta da circo che domerà gli ascoltatori impazziti. Il testo è tutto un insieme di "phrasal verbs" incentrato sull'up! E' tutto dire! Pezzo non eccelso ma le corde della Red Special non conoscono ruggine...
3) "It's Hard Life". La passione di Mercury per la lirica non desta ovviamente sospetti. Bene! L'inizio dei "Pagliacci" di Leoncavallo rivisitato in chiave pessimistica ne è una conferma. Deliziosamente melodico, questa canzone è stata giustamente incastrata nel Greatest Hits II perché è sublime. Una ballata che ha il video più bello della discografia Queen, ambientato nel palazzo della lussuria dove Freddie è vestito in maniera incredibilmente glam e dove si raggiunge il climax quando sfiora il piede di una ragazza sulla scala in maniera sensuale. Tutto quello che il video propone è smentito dal testo. Per la serie: Non è tutto oro quello che luccica e Freddie Mercury nell'ultima scena soffre sul serio per il suo menisco lesionato. I Queen non ne apprezzarono molto il video, molto strano ed enigmatico. Freddie sì.
4) "Man On The Prowl". Mercury. Ecco i Queen a cui siamo abituati, quelli che non sbagliarono con "The Game" ma sì , per certi versi, con "Hot Space". Ecco il richiamo tipico alla tradizione al quale siamo abituati. Swing veloce, non di grande inventiva, fa molto Elvis anni 60 ma la cosa forte è che il pezzo s'interrompe perché il nastro è finito!!! Pezzo tradizionale, finale eclettico. Adorabile ma c'è di meglio di sicuro!
5) "Machines (or ‘Back to Humans' )". May. Ancora una volta il binomio base moderna/pezzo nostalgico come in "Radio Ga Ga". Cosa significa questo? I Queen erano figli degli anni 60, imperanti negli anni 70 e per loro è stato un difficile compromesso quello di prostituirsi ai sintetizzatori estremi e ai macchinari, proprio loro che per 10 anni avevano fatto tutto artigianalmente. Ma sottrarsi all'elettronica all'epoca come oggi significava sottrarsi ai computer e alla tecnologia nata proprio per venire incontro all'uomo. Continuare a fare rock anni 70 era solo un'ostinazione a non evolversi. Questo è un brano che presenta molta chitarra elettrica, c'è molto Brian e nonostante sia quasi sconosciuto, è un pezzo maestoso dove Freddie raggiunge vette strepitose vocalmente. Sì, il messaggio subliminale era quello: "Non mi piace la tecnologia ma non sono così stupido e testa di Keiser da continuare a fare il tradizionalista... rock... anche. . ."
6) "I Want To Break Free". Uno dei pizzi inno dei Queen. Ancora oggi ci si chiede come mai questo pezzo alquanto stupido strumentalmente parlando, con un effetto di chitarra centrale e riff incluso davvero pietoso, abbia raggiunto molta gente. Il segreto? Soprattutto nel video molto divertente che vede i 4 vestiti da donna stile Telenovela (1984, solo allora molti si resero conto che Freddie era gay ma evidentemente non capirono l'ironia del brano, scritto tra l'altro da Deacon). E poi il testo. Un testo che dà libertà... a tutti di interpretarlo a loro modo. Troppo commerciale per essere anche un pezzo degno di grande musica. Non brilla di luce propria ma fu utilizzato da molti movimenti libertari all'epoca. Potere del music business.
7) "Keep Passing The Open Windows". Mercury scrisse anche questo pezzo per film ma non se ne fece più nulla. Prese spunto da "Hotel New Hampshire" di John Irving. Freddie considerò questo pezzo però meritevole di entrare in "The Works" . Il ritmo è tipicamente anni 80 ma Brian fa sì che un certo sound rock sia garantito insieme a piano e alcuni sintetizzatori molto velati. Si divide concettualmente in una parte breve e un'altra veloce, sembrano due pezzi incollati. Pezzo che invita a non mollare neanche un momento e a "continuare a passare dalle finestre aperte". 180 km/h di buon umore!
8) "Hammer to Fall". Ecco ancora May con una delle canzoni in assoluto più rock e più belle dei Queen, una canzone tipicamente grandeur Queen con quel Freddie dalla voce graffiata come mai (fumava moltissimo all'epoca). Cori di Taylor e May con un'efficacia assurda. La parte centrale vede un bell'assolo di May e stacco di Roger, la versione del 1991 più accorciata ma non meno interessante con una dinamica vocale di Freddie più acuta. A tratti secca, a tratti piena, melodica e hard, sballata musicalmente e profonda nel testo (martello da abbattere... guerre...), eccezionale no? Questi sarebbero i Queen commerciali? No, sono i soliti maestri intelligenti di una volta. 30 e lode!
9) "Is This The World We Created...". Ascoltatela, ascoltatela e mi direte! Una canzone così simple e così deep, così suggestiva da far riflettere tutto il mondo, sì quel mondo che vide nel 1985 il gruppo del decennio, i Queen, il gruppo che lasciò col fiato sospeso Led Zeppelin, Rolling Stones, David Bowie ecc e Geldof incluso che li giudicò "il gruppo del Live Aid". Questo brano chiuse il "Live Aid"! I Queen non amavano fare molta morale e non è strano che il pezzo in analisi parta dalla penna di May, l'unico in grado di affrontare tematiche davvero profonde nei Queen rispetto al genio/sregolatezza di Mercury o all'everyday reflection di Deacon e Taylor. Un brano che varrà fino a quando la razza umana esisterà sul mondo.
"The Works" è un grande album, nipote di un nonno saggio ("The Game") e figlio di un padre troppo sovversivo ("Hot Space") e la saggezza stava proprio nel ritrovare quell' armonia perduta nel gruppo e nel proporre un album né troppo commerciale né troppo bombasticamente rock, proprio come "The Game". La lezione del nonno è servita. E' con "The Works" che i Queen raggiungono quelle nazioni a cui il rock non apparteneva (vedi l'Italia e la comparsa a San Remo addirittura) e anche quella fetta di ascoltatori poco rock che anche grazie a loro si avvicinerà al loro rock e non solo riscoprendo gli album del passato. Un album non complesso e articolato come agli esordi ma più intelligente e significativo di quello che sembra...
Carico i commenti... con calma