Signori, si copia.
"A night at the opera" era stata una chimera, un miraggio. Un bell'album dei Queen, possibile? E adesso, eccoli qui, di nuovo insieme, di nuovo a prendere per i fondelli i tanti fans instupiditi da troppo chiasso e troppe banalità.
La band più sopravvalutata della storia della musica (capitanata da Monsieur Freddy Mercury, un idolo? Un clone moderno di Jim Morrison?), dà alle stampe questo tedioso "The Works", l'ennesimo doppione, l'ennesima delusione. "The Works", cioè i lavori, cioè la cialtroneria fatta e finita.
Il singolo trainante dell'album la dice lunga, "Radio Ga Ga". L'ispirazione di questo tanto elogiato pseudo-capolavoro pare sia venuta al figlio di Roger Taylor che un giorno pronunciò la famigerata frase "Radio ca ca ca". Da questa robetta fanciullesca, che sarebbe stata più adatta al piccolo pubblico dello Zecchino d'Oro, i Queen ci imbasticono una lunga canzone di quasi sei minuti, tutta basata sulla presunta simpatia che dovrebbe arrecare al pubblico l'onomatopeico 'Ga Ga'. Possibile? Possibile che la gente si appassioni a questa robaccia? Possibile? Possibile!, visto che "The Works" sbriciolò qualsiasi precedente record di vendite.
Ma sì, diamo l'alibi della canzonetta facilona e orecchiabile, e poi? Cosa resta di questo album? Poco, niente, assolutamente nulla. Rock stinto e da quattro soldi, "Tear it up", noiosa e ripetitiva, "I want to break free", passato agli onori della gloria per il famoso video in cui i Queen, ritratti in abiti femminili (Mercury vestito da casalinga isterica, ad essere onesti, è abbastanza spassoso), tentano di ricreare una sorta di sballata famiglia americana. A conti fatti, però, poca roba. E tutto il resto è robaccia, onestamente, di nessun interesse musicale: "Machines", "It's a hard life" (il testo del brano, tradotto in italiano, è ridicolo e smielato: "È una battaglia lunga e dura, imparare a prendersi cura l'uno dell'altro, fidarsi fin dal primo momento, quando si è innamorati", fate voi...).
Una spruzzatina di hard rock all'acqua di rose, "Hammer to fall", in cui i Queen si scoprono ambientalisti e pacifisti (l'hammer, il martello, è la bomba atomica), e il sussulto coscienzioso (tanto sterile, quanto finto) di "Is this the world we created?" fa ridere i polli. Il lato fisico e animalesco dell'uomo, "Man of the prowl", e la solita coscienza civile di "Keep passing the open windows" in cui, ma guarda un pò, viene trattato pure il tema del suicidio.
Insomma, tanti argomenti (anche argomenti di un certo peso), tutti però trattati con estrema superficialità e troppa arroganza musicale. Certo, la voce di Mercury non è sgraziata, è grintosa, è appassionata, va bene, d'accordo, ma le musiche, i testi, le atmosfere, sono spesso roba riciclata (o meglio, autoriciclata), pretenziosa e grossolana.
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