Il Transilvania di Milano ha avuto l'onore di aprire il nuovo tour europeo dei Queens Of The Stone Age. 600 persone stipate dentro un buco a guardare le regine, che hanno testato il nuovo album sui timpani italiani. Biglietti quasi introvabili e pochissimi posti, per volere del gruppo, che per quest'anno ha deciso di suonare solo in piccoli locali, per avere intimità con il pubblico. Di intimità ce n'era a sbadilate, il mio spazio vitale ridotto ai minimi termini, non potevo nemmeno muovere le braccia... almeno ho avuto Josh e soci vicini come non mai; distanza approssimativa: uno sputo. La line up dei Q.O.T.S.A. diversa per l'ennesima volta: quel cotechino di Josh alla chitarra solista e voce, con un nuovo, ridicolo taglio di capelli. Ha abbandonato la banana da Elvis per dei boccoletti da angioletto... da angioletto all'ingrasso, la bonza aumentata. L'impassibile tuttofare Troy Van Leeuwen alla seconda chitarra, tastiere ed effetti vari (chiaramete, sempre in giacca e cravatta); alla batteria sempre l'uomo con i bicipiti da 25Kg l'uno, il palestratissimo e cattivissimo Joey Castillo; alla seconda voce Mark -Off Wolf And Man- Lanegan e al basso troviamo la novità, Dan Druff, vecchio amico di Homme.
Beh, sono stati fantastici, come sempre! Peccato che dopo l'esilio di Nick Oliveri il buco enorme lasciato da lui non passi inosservato... tipo cratere lunare. Era l'intrattenitore, il giullare e l'autore delle canzoni con il tiro più alto. Anche se un concerto dei Q.O.T.S.A. consiste generalmente in, entraresulpalcosuonareringraziareandareadubriacarsi, la mancanza si sente eccome. Due anni fa, al vox, la potenza e la profondità del suo basso erano tali che bastava solo Nick per far ballare le budella a tutti quanti; e 'sto Dan Druff appare un po' smortino a confronto, anche se non se la cava affatto male con le quattro corde. Sarebbe come se Eric Clapton andasse nei Metallica per sostituire James Hetfield. Hanno suonato da dio. Precisi ed impeccabili... simbiotici... e per la prima volta Josh si è lasciato andare in lunghissimi assoli ed improvvisazioni di una psichedelia disumana, roba che non faceva dai tempi d'oro dei Kyuss. Queens Of The Stone Age degni della parola psichedelia, come la intendevano i Pink Floyd.
Pezzi di tutto il repertorio, dal primo disco, con "Mexicola", che recita la mitica frase "In a world that's full of shit and gasoline", al secondo lavoro, "R", passando per i capolavori di "Songs For The Deaf" più una mezza dozzina di brani dal nuovo disco "Lullabies To Paralyze", come "Everybody Knows That You Are Insane" (si pensa sia dedicata a Nick Oliveri) e "Little Sister". E non c'è niente da fare, il pogo più assatanato della storia lo si vede solo durante "Song For The Dead". Tutti, dal primo all'ultimo, saltano, urlano e spingono con una furia da posseduti.
A chi piace il Rock, quello duro da matti, consiglio vivamente di andare a vederli almeno una volta nella vita, perchè, anche senza scenografie, effetti speciali o qualsiasi altra forma di intrattenimento al di fuori della musica, riescono a creare un'atmosfera indescrivibilmente magica. Con loro, nonostante lo stile completamente diverso, si ha la sensazione di essere finiti in qualche concerto storico degli anni '70... tipo Woodstock o al Fillmore East. Forse perchè i Queens vivono ancora con la mentalità e la concezione di "musica" di allora... basti pensare ai Generator Parties o alle Desert Session, ovvero concerti basati su jam session (improvvisazioni), lunghi giorni e giorni, in mezzo al deserto californiano, notte e dì. Sanno come farti divertire davvero, senza nulla di particolare, musica a parte. Vivono, giustamente, il loro lavoro come "godiamoci la vita e divertiamoci", mica come gli Obituary, "Il mondo fa schifo. Mi faccio schifo. Voglio suicidarmi"... o i Maroon 5, "Perchè non facciamo qualche canzone davvero insulsa ma che piace ai giovani e diventiamo milionari?"
Mah... Sarà che li ascolto da quasi tre anni e ormai mi sono fuso, però... gran S. Valentino.
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