Si potrebbero scrivere intere pagine di elogi per quel piccolo, grande fenomeno che è Joshua Homme, deus ex-machina del mostro (ormai sacro!) "Queens Of The Stone Age". Questo signore, con la sua voce tirata e misurata e i suoi riff distorti, ha dato nuovo splendore ad un genere di nicchia come lo stoner rock, gli ha dato classe, lo ha reso accessibile a tutti. E soprattutto lo ha reso tanto appetibile e apprezzato da guadagnarsi la simpatia di moltissimi artisti anche distanti anni luce dal pianeta Stoner, i quali fanno la fila per collaborare con tale geniaccio.
Quale il segreto di tanto successo? L'aver aggiunto, all'esotica pietanza "Kyuss" tutta una serie di ingredienti saporiti e propriamente dosati che hanno dato vita ad un piatto neanche lontanamente imitabile. Le chiare contaminazioni grunge e punk, ed una vena melodica capace di ritornelli appetitosi anche per i palati più fini, impensabili in chiave Kyuss. E poi, non smetterò mai di ripeterlo, l'ingrediente segreto, quel gran tocco di classe che è capace di dare la voce di Homme: sempre posata, drammatica e mai lamentosa, distante ma mai aliena, senza dubbio sensuale ed evocativa.
Se l'esordio delle Regine è fulminante (con l'omonimo "Queens Of The Stone Age", 1998) questo "R" (2000) è a dir poco una rivelazione. Stupisce per la capacità di spezzare il ritmo tra un brano e l'altro, entusiasma per la veemenza dei brani più pesanti e per la piacevolezza di quelli più orecchiabili. Le danze si aprono proprio con l'ossessiva "Feel Good Hit Of The Summer", nella quale viene sciorinato il mix di sostanze stupefacenti che ispira Josh e compagni (per gli appassionati del genere in sequenza nicotina, valium, vicadin, marijuana, ecstasy ed alcool, oltre l'immancabile cocaina). Ed è curioso notare che si chiuda con i fiati di "I Think I Lost My Headache" (ed è comprensibile aver avuto un po' di mal di testa ripensando a come si era aperto l'album!).
Tra l'abuso iniziale di droghe e il rinsavimento finale dei nostri eroi, sta il trip dell'ascoltatore. Si passa dal singolo di turno "The Lost Art Of Keeping A Secret", molto apprezzato anche da MTV (non siate prevenuti per questo!), caratterizzata da una lenta e fascinosa melodia (con "Leg Of Lamb" sua naturale continuazione) alla simpatica power-pop "Auto Pilot", un trip aereo col pilota automatico inserito. Ma soprattutto si toccano i vertici della stonatura in "Better Living Through Chemistry" (titolo altamente esplicativo): tamburi (bongos!?) in sottofondo, chitarra distorta al massimo, Homme etereo, atmosfera da allucinazione pura! I mostri nel parasole decantati più tardi nell'incalzante "Monsters In The Parasol" non possono che essere i frutti di un'allucinazione...
C'è spazio anche per lo sfogo delll'anima punk della band, Nick Oliveri, con "Quick And To The Pointless", che (chissà perché!?) usa anche il tedesco, e "Tension Head", nevrotica dichiarazione di malsanità (c'entrerà forse il già citato cocktail di stupefacenti?!?). Insospettato compagno di viaggio è l'amico Mark Lanegan, il quale fa una capatina (o forse è anche lui frutto di un'allucinazione?!?) nella gentile "In The Fade" (e non solo), prova generale per "Songs For The Deaf", che sfuma nel finale nell'ossessiva cantilena d'apertura dell'album. Poco prima di riprendersi dal mal di testa un po' di "sollievo": si spengono le distorsioni ed ecco un intermezzo di chitarra acustica, tamburo e piano intitolato "Lightning Song".
Un album che unisce la ricercatezza alla mancanza di pretenziosità, si fa piacere senza stancare, scorrendo via veloce: un piccolo capolavoro allucinogeno!
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