I Queensryche sono uno dei gruppi più influenti dell'Heavy Metal, che spesso vengono ricordati solo per il loro capolavoro "Operation Mindcrime" del 1988. A differenza di altre formazioni metal, i quattro ragazzi di Seattle hanno evoluto il proprio sound nel passare degli anni, rimanendo però sempre molto affezionati al progressive metal, che loro stessi hanno ampiamente contribuito a sviluppare.
Prima ancora che il chitarrista e compositore di gran parte del materiale della band, Chris DeGarmo, lasciasse soli gli altri componenti del gruppo nel 1997, i Queensryche avevano già eseguito una notevole svolta del loro sound verso un Heavy Metal-Hard Rock con componenti Grunge ("Hear In The Now Frontier" ne è la prova). "Tribe" (2003) è forse il miglior album "sfornato" dai Queensryche dopo "Promised Land" (1994), che era stato un pò lo spartiacque del sound della band. Questo è forse in parte anche dovuto all'aiuto che DeGarmo ha dato nella composizione di molte canzoni dell'album, e nella loro prima interpretazione nelle sessions; il ragazzo, infatti, non si è mai separato del tutto dalla band, ed ha spesso contribuito con idee interessanti, che sono sempre state accettate da Tate & Soci. Tutta l'atmosfera dell'album, come suggerito da cover e nome stesso, è decisamente tribale ed a tratti orientale (vedi "Desert Dance" più di tutte). A questo compito contribuisce fondamentalmente Scott Rockenfield, dietro le pelli, ma anche Geoff Tate alla voce, profondamenta cambiata dal passato, ma sempre molto bella; un pò il marchio di fabbrica dei Queensryche.
La chitarra "d'accompagnamento" è suonata bene da Mike Stone, e gli assoli eseguiti da Michael Wilton sono, come sempre, mozzafiato. Una nota negativa è forse il basso di Eddie Jackson, meno presente che in passato (si veda "Operation Mindcrime" o "Empire"); in ogni caso possiamo apprezzare la sua ottima tecnica fin dal primo brano, "Open", in cui esegue un ottimo assolo (seguito da un formidabile urlo di chitarra elettrica). Possiamo notare, in brani come "Rhythm of Hope", l'ottimo accompagnamento con la chitarra acustica che contribuisce a sfatare la brutta equazione, creata dall'ignoranza, metal = casino e urla. Eh si, perchè di casino ed urla ce ne è ben poco in questo album; ci sono piuttosto ottimi riff di chitarra elettrica, ed una voce stupenda, quella di Tate, che è sempre in primo piano. L'atmosfera di "Tribe", come già accennato, è spesso molto cupa e tribale. La title-track è forse il pezzo più rappresentativo dell'album, da questo punto di vista. "Losing Myself" e "Falling Behind" sono episodi minori dell'album, come, putroppo, anche l'ultima traccia "Doin' Fine", il che lascia molto stupiti, dato che i Queensryche ci avevano abituati da sempre con ottime chiusure (si veda "Eyes of a Stranger" o "Anybody Listening").
"Blood" e "The Art of Life" sono ottimi pezzi; il titolo di quest'ultima canzone, variato di una lettera, darà il nome al live "The Art of Live" rilasciato un anno dopo l'uscita di "Tribe", che vede i Queensryche suonare quasi tutti i pezzi dello stesso più molti altri vecchi successi, ed anche due cover ("Confortably Numb" dei Floyd e "Won't Get Fooled Again" degli Who) insieme ai Dream Theater. Consiglio per altro a tutti i fans dei due gruppi la visione/ascolto di tale live. Per concludere direi che "Tribe" non è un capolavoro, ma è un album in grado di mostrare come i Queensryche del 2000 sono validi quanto i Queensryche dell'80, l'importante è giudicarli per il nuovo genere che suonano, che non è più il caro vecchio progressive metal di "Operation Mindcrime" o "Rage For Order". "Operation Mindcrime 2" (2006) è stata un'uscita obbligata dalla grande attesa dei fans (che aspettavano di sapere che fine aveva fatto Nikki ed il Dr. X), e nonostante ciò è un buon album.
Speriamo che l'evoluzione del gruppo porti alla luce nuovi capolavori come Mindcrime.
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