E se "Inglourious Bastards" l'avesse girato un altro regista, ci sarebbe piaciuto lo stesso? Se nella locandina avessimo letto il nome di un giovane esordiente o di uno scadente autore africano (senza offesa per il cinema di quest'ultimi), li avremmo spesi lo stesso i soldi per vedere il film? Assolutamente si! Il film è un capolavoro, forse il più bel film del 2009.
Ma non è Tarantino, ci sono spruzzi pulp e scene noir, la sadica pazzia di personaggi che portano il film in un tunnel di tensione di cui non si vede l'uscita, ma non è Tarantino. Diciamoci la verità... Chi di noi non si aspettava un film completamente diverso?! Seduto in poltrona immerso in uno scatenato e frenetico chiacchiericcio volgare e tipicamente americano lasciandoci trascinare dalla musica che sempre ha caratterizzato gli spezzoni principali del regista. Nel film "Inglourious Bastards" (da alcuni dichiarato come il capolavoro del regista) manca qualcuno, la pellicola pecca di qualcosa; usciamo dalla sala come un neonato che dopo mangiato aspetta di fare il ruttino, un bisogno alla fine del pasto che potremmo soddisfare con una ciliegina. Ecco il termine giusto: manca la ciliegina. Manca il giusto attore, la giusta musica durante la sua entrata e il giusto discorso d'esordio, permettendo quindi al pubblico un minuto di respiro ed interesse per il protagonista (povero Brad Pitt, nonostante il suo nome sia stato sia stato il primo a comparire nei titoli di testo e l'ultimo nei titoli di coda; nonostante la sua faccia fosse in primo piano nella locandina pubblicitaria; si può dire che Marcel, compagno di colore di Shosanna, abbia recitato meglio di lui). Vedere "Inglourious Bastards" è come cantare una canzone di cui non si conoscono le parole, ci sentiamo impacciati e disorientati e magari è proprio questo il suo fascino. Alla visione del film veniamo messi a dura prova e ci prepariamo per verdetto finale... Un giudizio positivo per gli amanti sfegatati del regista, che qualsiasi cosa tocchi riesce a trasformarla in oro, oppure una sentenza negativa e ci alziamo ormai con l'idea che egli abbia esagerato, ed essendo troppo sicuro di se abbia dimostrato questa volta di essere "come gli altri".
Per chi dopo il bluff "Grindhouse" si aspettava un grande capolavoro firmato Tarantino, ha trovato il capolavoro ma ha smarrito Tarantino. Le mie sono chiaramente le critiche di una persona affezionata al cinema dell'autore del Tennessee e l'idea che facesse un film su un periodo cosi importante della storia contemporanea ha stupito me per primo, milioni di fan abituati alle atmosfere statunitensi di fine millennio, dai film di kung-fu allo spaghetti western. Una cosa però, che comunque continuiamo a chiederci e che la maggior parte dei registi gli invidia, è la capacità e abilità nella riscoperta dei talenti artistici, Quentin il Re Mida degli attori scomparsi. Questa volta si parla di Christoph Waltz (il cacciatore di ebrei), artista conosciuto in Germania ma ora di fama internazionale. Fin dalla scena iniziale, il colloquio con l'agricoltore, l'interprete dimostra abilità, ironia mentre lo spettatore, catturato dalla sua inquietante immagine aspetta rassegnato il peggio
È ora di dimenticarci i dialoghi sarcastici, volgari e calienti; la descrizione di un'America violenta fatta di droga, sesso e pazzia; la frenesia Tarantiniana che tutto porta con se e tutto fa dimenticare. Diamo il benvenuto ad un cinema non più frutto dei suoi particolari sguardi e ambienti, ma al cinema speranzoso e sorprendente dell'autore che ha riscritto le pagine di storia nell'unico posto dove era possibile: il cinema.
Ourevoir Tarantino.
p.s.: la visione del film è consigliata in lingua originale
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