Palma d’Oro al Festival di Cannes per questo “noir che descrive in modo brutale la crescente esplosione della violenza in America”. Così hanno scritto i critici.
Ma il pregio dei critici, si sa, è la superficialità. Lasciamoli perdere. Non serve molto per capire che “Pulp Fiction” è molto di più di un noir portato alle estreme conseguenze. Tarantino ha fatto qualcosa di davvero grande lasciando ai posteri un incredibile mix tra la più crudele malvagità umana e l’incomprensibile bontà di Dio che bussa sempre al cuore di tutti, anche a quello di coloro che per noi meriterebbero solo condanna. Sì, “Pulp Fiction” è un film sulla Misericordia di Dio, o, se preferite, sui quei Segni che ci invia continuamente e che cambiano la vita a chi fa lo sforzo di volerli vedere.

Ma andiamo con ordine. Eccoli qui, in giacca e cravatta, Jules e Vincent, che dialogano su un tema importante (il “pilot episode” di una serie televisiva) prima della carneficina che stanno per compiere. È lui, il carismatico Jules, a guidare la seconda scena con il suo delirio profetico, prima di punire lo scostumato che ha rubato la valigetta col bucato sporco del suo capo.
Le scene successive sono lo show John Travolta (il folle e ripagato azzardo di Tarantino che volle dargli fiducia dopo anni di oscurità). La siringa con l’eroina è molto espressiva. E John Travolta è (sorprendentemente) lo strafatto perfetto che discute sul prezzo del frappé. E mentre gusta il gelato frullato, Mia, la cow-girl del capo, lo guarda conturbante: “Sai quando capisci di avere incontrato la persona giusta? Quando riesci a stare con lui senza bisogno di parlare. Noi parliamo per evitare di affrontare il silenzio”. Sei stupito. Fino a questo punto sembrava una str… e invece Tarantino ha qualcosa da dire. Qualcosa da dire anche sul non dire.
Si balla e poi si torna a casa. Ma Mia è andata. Se la bella non risorge, la bestia finirà in croce. Di nuovo una siringa. Una scarica di adrenalina (anche per lo spettatore) e tante risate. Il Padrone ha dato a Vincent un altro miracolo. Ma lo zuccone, ancora una volta, non vuole vederlo. Perché “un altro”? Perché il primo lo vedremo dopo.
Un pugile corrotto tradisce i patti. Pensa di avere sconfitto il capo, ma il capo è davvero ubiquo. Ed è anche tanto cattivo. Ma alcuni cattivoni sanno essere riconoscenti come i santi se vedono lealtà dall’altra parte.
OK. Tre belle storie. La prima ironia e delirio; la seconda ironia, saggezza e surrealismo; la terza brutale oltre ogni limite con un finale di morale criminale. Grandissima anche la direzione degli attori. Ma ti domandi: sarebbe questo il capolavoro di Tarantino? E, soprattutto, cosa c’entrano quei due sfigati innamorati che si sono visti all’inizio alla tavola calda e che hanno deciso di giocare a mezzogiorno di fuoco per qualche dollaro in più?
Bisogna dare senso a tutti i mattoni mettendo il cemento. E il cemento sono le ultime tre scene. Con una storia più lineare, non sarebbe stato lo stesso, perché in questo film la scena più importante non è alla fine della storia. E il maestro l’ha messa alla fine, per darle il valore che meritava, evitando così, di default, il banale finale pessimistico dei noir. Due piccioni con una fava.
D’accapo a dodici. Un deficiente esce fuori con un cannone in mano. Ma Jules e Vincent respirano ancora.

-    “È un miracolo, Vincent”.-    “È stato un caso, Jules”.
-    “Se vuoi giocare a fare il cieco, va bene”.
-    “Cristo!”.
-    “Non bestemmiare!”.
-    “Cristo Santo!”
-    “Ti ho detto di non bestemmiare!”

Vincent perde la calma. La verità gli fa paura. Gli trema la mano e fa un minestrone. Solo Jimmy li può aiutare. Ma Jimmy non basta. Serve lui, il Lupo, maestro del business quanto del galateo. La macchina è sistemata e Jimmy è contento con una camera da letto in rovere nuova.  
Sono le otto del mattino. Quel ristorante è perfetto per mangiare e soprattutto per ambientarvi una delle più belle scene al tavolo della storia del cinema.
Il tema è sempre Lui, e Jules è sempre più convinto.

-     “Dopo che consegno la valigetta a Marcelus, ho chiuso”.
-    “E che farai?”
-     “Mediterò e poi andrò dove Lui mi metterà”.
-    “Ho capito, Jules, diventerai un barbone”.
-    “Vedi, non è importante se Dio ha trasformato la Coca in Pepsi o altro. Il punto è che stamattina, Dio era lì. Per me Lui c’era coinvolto”.

Per il brutale Jules è l’inizio di una conversione degna di Sant’Agostino. Vincent deve respirare un po’. E mentre si rilassa in toilet, ecco riapparire i due sfigati della primissima scena. Ecco a che servivano: a darci la morale.
Jules non ne può più: la morte sventata, la macchina da ripulire e lo scetticismo dell’intellettuale Vincent. E ora anche due mediocri in cerca di emozioni forti. Ma ormai la forza del Supremo è con lui. Così l’illuminato prende l’idiota e lo mette al tavolo davanti al suo bazooka. Ed ecco a voi il leggendario soliloquio, degno dei grandi capolavori della mistica:

-    ““Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalla tirannia degli uomini malvagi… Io sono il pastore. Terribile vendetta e furiosissimo sdegno contro coloro che si ammorberanno il mio gregge …”. Quando dicevo questa cosa voleva dire che eri fatto. Credevo fosse una stronzata. E invece ora…. Vedi mi sto domandando chi sia il debole e chi sia la tirannia degli uomini malvagi. Può essere che io sia il debole e tu la tirannia degli uomini malvagi. Oppure che io e te siamo i deboli e il mondo là fuori sia la tirannia degli uomini malvagi. Sarebbe bello, mi piacerebbe, ma non è la verità. Vedi, la verità è che tu sei il debole, e IO IL MALVAGIO. Ma ora voglio provare, e so che mi costerà tanta fatica, a diventare un pastore”.

La situazione si è fatta troppo seria. È il caso di ammorbidire. Ed ecco le pistole infilate nei boxer. Altra grassa risata. Ed ecco a voi il primo noir della storia con un lieto fine.
Sarebbe bello, mi piacerebbe, ma non è la verità. Vedi, la verità è che Jules, quella mattina, ha voluto vedere l’Avvertimento, mentre Vincent non ha voluto vederlo né quella mattina e neanche (qualche sera dopo) con la risurrezione di Mia. È stato irragionevole Vincent. Morale: qualche giorno dopo, a causa di una porta del bagno irragionevolmente chiusa in una casa vuota con un mitra in bella vista, Vincent andrà a vederlo di persona – il Supremo.
Non Palma d’Oro; palma di platino. Con il plauso del Cielo.

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