A poche settimane dall'evento cinematografico del secolo, il criminogeno e irrevocabile atto finale scorsesiano di The Irishman (che ha preceduto un malinconico e sbiadito Joker impersonato da Joaquin Phoenix, la carnevalesca tragedia della Gotham da incubo, con la sua circense carovana di angoscia, trepidazione e inquietudine) e la controversa deflagrazione elettromagnetica di Once Upon a Time in... Hollywood, ultima fatica del Nostro e probabile lussuoso fallimento, urge tributare il giusto prestigio a un'opera che è riuscita a spaccare a metà sia la critica che il pubblico, un film pensato, scritto e realizzato alla perfezione, il western più feroce e sconvolgente dai tempi di Sergio Leone e "Bloody Sam" Peckinpah, il western originale di Quentin Tarantino, capace di far schizzare alle stelle i bookmakers e di irretire gli stolti, di spezzare i nervi dilagando nella brulicante attesa di un capolavoro assicurato, pari al Don Giovanni all'Opera di Vienna o a una fastosa pièce con Scorsese o Allen a Broadway, circa tre ore di sanguinaria pazzia strettamente americana, romanzo cartavetro di una terra ancora anarchica e selvaggia, in un'epoca polverosa e folgorante, dove il prezzo della vita si decide nella claustrofobica oscurità del tamburo di un revolver o nella galleria raschiata di un Winchester sovrapposto.
Dalla gestazione impossibile di una sceneggiatura trafugata alla spasmodica attesa delle proiezioni in 70mm, un tempo e un'atmosfera che accompagnano ogni lavoro del regista di Inglorious Basterds; in maniera maggiore una pellicola, questa, che non è certamente la più facile da mostrare alle platee. Un lungometraggio folle e nebbioso che ha imbarazzato e infastidito l'America, tutta, come raramente era accaduto prima, un mini-colossal formato "hardboiled a sonagli" che mescola generi su stili pur restando fedele alla linea sapientemente marcata dall'ex enfant prodige di Knoxville, il ragazzo d'oro depredato del Pulp, che ha saputo regalarci forse la storia più passionale e complessa che un'era tragica e misteriosa come la nostra fosse in grado di metabolizzare.
E così è stato.
Abbiamo dovuto ingoiare il rospo. Non sapevamo quanto male ci avrebbe fatto, non eravamo pronti. No, non lo eravamo affatto. Eppure, abbiamo dovuto accettare, siamo stati costretti. Quentin Tarantino ci ha obbligato a deglutire quel fetido boccone, puntandoci una pistola in mezzo agli occhi. Forse la stessa che ha armato uno dei suoi personaggi nella locanda di Minnie. Nel frattempo la neve danzava attraverso le fessure e i pannelli di legno di un emporio che non esiste più, non è mai esistito, si è materializzato nelle nostre menti, imprigionando gli otto odiosi e ciascuno di noi.
La tecnica dell'Ultra Panavision da 70mm non rappresenta soltanto la risolutiva dichiarazione d'amore di un eterno promesso sposo della settima arte, non funge esclusivamente da prezioso artifizio strumentale o da sfarzosa appendice tecnologica. Il 70mm è un rito filmico, il sovrumano rituale della carrellata inesorabile e fiammeggiante, chirurgica e trascendentale esecuzione dello zenit nelle inquadrature marmoree e tormentate, apogeo multicolore e sconfinato dell'interpretazione, sublime e decadente immortalità scenica. Verbo carnale e disincantato, dolce e assassina raffigurazione della vita. Rapidissima e abulica fiamma spirituale che dita arricciate nascondono al vento, nella notte.
The Hateful Eight è lontano anni luce dal farsesco Django Unchained. Non v'è retorica, assenti pure le trionfanti rivisitazioni storiche e la brillantezza del mito. Tarantino ha lasciato sgorgare tutta la sua oceanica bravura e lo ha fatto accettando e rispettando la nebulosa realtà del presente. Il razzismo (subìto e inflitto, esercitato e patito), la delinquenza e il caos morale e politico dominano incontrastati nel Wyoming innevato e in tutta quella giovane America, ribelle e martoriata, pregna e ghignante. La terra scura di una nazione disordinata e inarrestabile adibita a scenografia ancestrale per un brandello di umanità ossessionata e inappellabile, bramosa e infuriata, che ha scatenato una guerra totale con il resto del mondo e non può più fermarsi.
Il più sanguinoso, gretto e letale film di Quentin Tarantino.
Anche il più grande?
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