Se un disco può permettersi certi nomi in facciata allora vince facile; per chi non conoscesse, Trevor Dunn è un ormai consolidato asso di bastoni del rock sperimentale, crossover od avanguardia che sia; per chi invece ha in passato perpetuato piacere con queste goliardiche acrobazie, la soffiata è che sir. dunn sta passando in Italia accoppiato a questa benevola banda che dieci anni fa vantava i teneri vocalizzi di David Yow (più o meno teneri).

Per buttar giù un breve ed incompleto track by trekking cito qualche impressione:

Il tutto travestito da jazz pieno di smagliature che sembra scrivere metà con la mano destra e metà con la mano sinistra; in generale, otto brani-camaleonte belli fresh-chi di 2017 che battono gli storici sentieri di Bungle, Melvis, Scratch Acid, Fantomas e J. Zorn, per citare i più evidenti; questi rocamboleschi strati di suoni creano un’avanguardia che singhiozza rumorismi e dissonanze, andando dalle orchestrazioni vocali ad accenni di punk e, vuoi per azzeccata composizione o per gustosa produzione, alla fine il calderone risuona limpido ed orecchiabile; musica sperimentale lavata, stirata e rilegata, una galleria allestita da veterani che di certo con l’età non sono diventati lineari e che per moi se ne escono con un LP di esagerato interesse; direi che mi basterebbe anche la collaborazione.

Auscultabile QUI.
Ah-ah.

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