12 (ottobre 1995). Si esaurisce la carriera artistica di una delle formazioni più ispirate del variegato bailamme che ruota attorno all'idea di hardcore. In soli due dischi i Quicksand hanno creato un sound compatto, straordinariamente caratterizzato, un'epifania.

L'esordio si chiama Slip, è il 1993.

Attori dell'illuminata scena newyorkese, i magnifici quattro convogliano nella band brillanti esperienze, basti citare la militanza del singer Walter Schreifels nei Gorilla Biscuits, o dell'immenso Tom Capone alla chitarra dei Bold. Il risultato è impressionante, le 13 tracce di Slip regalano ai trafficanti di hardcore un evento irripetibile.
Proprio questa è la sensazione del primo e del millesimo ascolto: l'unicità. Se è vero che i richiami a Helmet e Fugazi sono assai intellegibili, ti accorgi presto che i nostri picchiano ben più dei secondi, cesellando il concetto dell'EMOtional-hardCORE più spinto, costringendo chi ascolta a frequenti esclamazioni di incredulità. Quanto ai padri Helmet, i Quicksand ne riprendono la nobilissima pratica del riff sincopato, con l'opzione che qui la chitarra può partire e non fermarsi mai più. Già, le schitarrate dei Quicksand, un'icona, un incubo, l'elemento soggiogante, a volte sapientemente cadenzate, altre rabbiosamente scatenate, sempre segnate da eterea levità.

La sezione ritmica si avvale di altri due purosangue, Alan Cage alla batteria e soprattutto il bassista Sergio Vega, che definiscono un vero e proprio canone, marchiando a fuoco un suono granitico e intransigente. Si innesta a meraviglia la voce postatomica di Screifels, che satura un rumore già incredibilmente denso, intrisa di disperazione ma sempre solenne e rigorosa.

13 (anni dopo). Gli amanti dei Quicksand si intendono a cenni, come i carbonari. Tutti si rallegrano che i quattro Icari si siano sciolti prima di lasciarsi sciogliere.

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