Già il primo disco omonimo, uscito tre anni fa, lasciava trapelare il potenziale di questi tre ragazzi del New Hampshire, band formalmente folk ma con improvvise aperture psych e soluzioni strumentali mai banali.
Il successivo split coi conterranei e psichedelicissimi MMOSS confermava tali potenzialità, e infine il secondo disco “Held In Splendor” riesce a tratti addirittura a stupire. Eh sì perchè la maturazione (melodica e strumentale) è netta, e ricorrendo a soluzioni molto “pop”, ne guadagnano in ampiezza cromatica.
Cromie anticipate dall'emblematica copertina, in cui una barca e i suoi tre occupanti, sostano immobili avvolti in un tripudio di trapunte (quilt proprio questo significa), e confermate sia dalla musica che dai testi, entrambi caleidoscopici e surreali.
Brani tendenzialmente divisi fra acustici e ipnotici (“Arctic Shark”, “Just Dust”, “Talking Trains” e la breve e bellissima (“The Hollow”), in cui spicca la fragile e affascinante voce di Anna Rochinski, e brani maggiormente debitori alla California dei 60's (
“Saturday Bride”, “Eye Of The Pearl”), al jingle jangle dei Byrds con piglio garage (“Mary Mountain”, “Tired & Buttered” dall'intermezzo con accenno prog) e alla ballata psichedelica indolente (“Secondary Swan” e la finale “I Sleep In Nature”). Non paghi infilano uno strumentale con tanto di sax veramente notevole (“The World Is Flat”).
Nota di merito, ma comune a molte nuove band con la testa nei '60s estrosi e acidi, la concisione del tutto: 40 minuti e mai un mezzo minuto di autostima di troppo. Come sempre dovrebbe essere.
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