Rachel's -" The sea and the bells"
Improvvisazioni post-rock avviluppate da arrangiamenti orchestrali di tipo classico, le spire d'un idolatrato romanticismo e l'immediatezza della variegata musica popolare combinati con un modo del tutto nuovo in strutture d'avanguardia; questi gli obiettivi e le peculiarità dell'ensemble statunitense -capitanata dal violoncellista Christian Frederickson, dal chitarrista Jason Noble e dalla pianista Rachel Grimes- che hanno aperto le porte dell'arte ad un promettente "Rock da Camera".
Cambiando spesso formazione del "gruppo" - nel quale si contano sempre almeno venti musicisti esperti di classica o rock - sperimentando e perfezionandosi nei comunque attraenti primi dischi "Handwriting" e "Music For Egon Schiele", i Rachel's pubblicano nel 1997 il disco che identificherà loro e il loro nuovo modo di comporre: "The sea And The Bells".
Un concept album dal sound puro, vivido ed agilmente travolgente, come le onde del mare e le sensazioni salmastre dei naviganti a cui è ispirato, come l'inquietante e struggente vista d'una distesa d'acqua senza sponde, come i versi magari di Pablo Neruda.
Subito il celere andazzo della nave di "Rhine & Courtesan", la cui orchestrazione rinascimentale è bruscamente interrotta nel mezzo dai rumori d'un ipotetico sottocoperta, ci mostra la tendenza al teatrale dell'intero lavoro; ci si può lasciare così sommergere con più scioltezza da brani quali "Sirens", dove troveremo archi impazziti a rappresentare forse proprio il canto delle sirene, o dagli enigmatici echi sottoposti ad una burrasca in "To Rest Near To You" o ancora la cupa, spasmodica "Night At Sea".
Ma le perle indiscusse del disco consistono nelle riflessioni del piano di "Tea Merchant's" -lamento sublime, di cui l'emozionante crescendo è davvero da plauso-, nel minimalismo degli archi alla Michael Nymam in "Cypress Branches" , negli struggenti effluvi di note preziose e nelle architetture formalmente perfette di "Lloyd's Register", e nella fatua aria di "All Is Calm". Con la criptica ambiguità della soffusa "His Eyes" la musica dei Rachel's si ritira, pian piano, svanendo nell'ultimo riverbero della spuma, affidando l'ascoltatore al nero manto del silenzio e della contemplazione.
Ci si trova davanti allora ad un'opera originale, importante, ispirata, ambiziosa; è la simbiosi dell'inviolabilità e dell'evoluzione, è un territorio non incolto ma fertile, non acerbo ma giovane.
Da ascoltare.
Carico i commenti... con calma