Unire, questo verbo sta alla base del percorso artistico dei Radiodervish, è la "missione" che Michele Lobaccaro e Nabil Salameh si sono prefissi, e che continuano a perseguire da ormai più di vent'anni; unire culture diverse, lingue diverse, musicalità diverse in un mix omogeneo, un esperanto musicale di radici pan-mediterranee. Hanno scelto una strada non facile per raggiungere questo obbiettivo, la canzone d'autore, la poesia, anche la spiritualità in alcuni momenti; questo li ha tenuti un po' ai margini dell'attenzione mediatica, preservando al tempo stesso la loro purezza artistica. Tra alti e bassi, i Radiodervish rimangono a mio avviso una delle realtà più belle attualmente in attività nell'ambito della musica pop italiana (in senso ampio), il loro album più famoso è probabilmente "Centro del mundo", che per quanto mi riguarda non è il loro apice, l'esordio "Lingua contro lingua" gli è nettamente superiore, poi se ne sono usciti con un concept molto ambizioso come "In Search Of Simurgh", fuori da qualsiasi logica commerciale, un esperimento forse non pienamente riuscito ma lodevole e di grande valore artistico. Nel 2007 toccano il punto più basso della propria onorabilissima carriera con un album facilotto, poco ispirato e molto discutibile come "L'immagine di te", ma a due anni di distanza arriva un pronto riscatto con questo "Beyond The Sea", oltre ogni più rosea aspettativa. Personalmente lo considero il loro album più affascinante e ben definito dal punto di vista stilistico, dal punto di vista della ricerca stilistica e della perfezione formale non ha assolutamente rivali nella discografia dei Radiodervish; è il loro capolavoro, forse irripetibile.

Musica che viaggia sulle rotte della via della seta, ma non solo: "Beyond The Sea" è la via della seta, un flusso leggero ma intenso, a volte struggente, a volte contemplativo, in cui riaffiorano melodie antiche e paesaggi sospesi nel tempo. Non è un album che va bene in qualsiasi momento, richiede attenzione, calma, la giusta predisposizione di spirito, e i Radiodervish dimostrano un'intelligenza e un senso della misura non comuni di questi tempi proponendo una tracklist saggiamente ridotta: otto ballate e una chiusura strumentale; il necessario e nulla più, nessun passaggio a vuoto che, in un contesto molto particolare e delicato come questo, avrebbe avuto conseguenze particolarmente deleterie. Ad un orecchio distratto potrebbe sembrare un discorso omogeneo, financo monotono, ma questo album è uno zaffiro dalle molteplici sfaccettature, basti pensare ai violini e violoncelli di "Ainaki", un pezzo praticamente chamber-pop, che trasporta idealmente l'ascoltatore tra i giardini e i porticati moreschi di una Siviglia medievale, e per contrasto alle contaminazioni lounge/elettroniche di "Beyond The Sea", una delle melodie più belle mai concepite dai Radiodervish, che sboccia in un refrain sospeso tra medio ed estremo oriente, in grado di trasmettere sensazioni di assoluta pace e armonia. BTS è un album volutamente pacato, riflessivo, che sussurra alle orecchie dell'ascoltatore, eppure non mancano momenti di grande intensità e impatto cinematografico: "City Lights", una canzone dolcissima, quasi una ninnananna elettronica, ma una spettacolare inserimento di archi e mandolino la rende più vivida, tingendola di uno spleen romantico e crepuscolare. Oppure "Sea Horses", lo strumentale conclusivo: una semplice linea di piano accompagnata da synths eterei e cullanti che trova il suo sbocco naturale in un crescendo orchestrale; magniloquente, visionario e scenico ma non pomposo, e perfettamente in linea con le sonorità dell'album. Chiusura perfetta per un'opera perfetta.

atmosfere antiche, che riaffiorano da un passato remoto, questa è la caratteristica che distigue "Beyond The Sea" da tutto il resto della produzione dei Radiodervish; "Tancredi e Clorinda", una struggente ballata d'amore e morte, elegiaca e cantautorale, poi "Jonas", "Les Lions" e "You Are My World", un trittico che costituisce la struttura portante di tutta l'opera. La bellezza straniante e la raffinatezza di queste canzoni sono qualcosa di sublime, la cura perfetta di ogni dettaglio, di ogni suono, la passione che traspare da questo lavoro artigianale e certosino è semplicemente commovente, totalmente estraneo alle logiche del business, della musica di facile consumo. Eppure l'orecchiabilità c'è eccome; ditemi voi, è più catchy un pezzo come "Jonas" (che secondo me racchiude idealmente tutto il meglio dei Radiodervish) o l'ultimo singolo di Beyonce? Chiunque abbia anche solo un orecchio minimamente percettivo, neanche passione o conoscenze specifiche, non avrà il benchè minimo dubbio.

Dischi così, in cui ci si gode al massimo ogni singolo istante sono già di per sè tesori non facili da trovare, "Beyond The Sea" poi è unico; i Radiodervish non sono perfetti, bravi, si perfetti, no, questo album invece lo è, nella sua totalità, e per fortuna ha lasciato un segno duraturo nel percorso artistico del duo pugliese. Penso a "Human", l'album successivo e ad oggi il più recente, che fa tesoro dello stile e delle sonorità qui espresse riadattandole in un contesto più pop, più incentrato sul presente, sull'attualità, riuscendo dove "L'immagine di te" aveva toppato abbastanza malamente. Tuttavia, salvo miracoli che ovviamente auspico ed auguro di cuore ai Radiodervish, "Beyond The Sea" mi sa tanto di alchimia che riesce una volta nella vita, se così fosse poco male, avere anche un solo album di tale spessore e caratura è un onore di cui non tutti possono fregiarsi.

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