Secondo me i Radiohead hanno scritto questo disco per dimostrare di essere la più grande band di sempre anche a quei quattro miserabili figli di puttana che ancora pensavano il contrario. Intendiamoci, "Ok Computer" non era poi sto granchè, ma a sua discolpa c'è da dire che soffriva dell'handicap del "disco basato su chitarre", un concetto di musica che nel '97 - ma in generale in qualsiasi anno post-avvento di Prince - era già stato ampiamente superato. Tutte quella retorica sull'ipocondria pre-2000 - quella che ti portava a lanciare acuti da cicisbeo scoglionato al solo pensiero di "computer", o "rivoluzione informatica", o "cyborg" o cagate simili - in fondo, però, nascondeva qualcosa di geniale: "Fitter Happier" d'altra parte stava già tracciando il futuro, "Exit Music" stava già prioettando il senso di angoscia ad un livello parallelo, post-Napster e pre-11 settembre; "Airbag" in fondo era una canzone della madonna, anche se pure lei era attanagliata da quell'idea di ansia del cazzo un po' plasticosa, che di lì a tipo 3 giorni sarebbe invecchiata malissimo. Insomma, erano buone canzoni, spesso buonissime, ma alla fine della fiera non lasciavano un cazzo, se non un po' di epidermide rinvigorita e un poetico accenno di nobile depressione: peccato, ma non posso non rimarcare come soffrissero di senilità formale e di retorica concettuale. Qualcosa di veramente rivelatorio e immortale, però, si stava già intravedendo.

Poi è arrivato "Kid A" e ha reso tutto più chiaro. "Everything In Its Right Place" ridefiniva il concetto di umanità, prendendola di collo, ribaltandole la pelle e la carne e lasciando fluire lento l'umore: è l'armonia più asetticamente tetra, il concetto stesso di "precarietà", umana e aliena, riportato su musica. Se non ti si è aperta la mente su quel "yesterday I woke up sucking a lemon" evidentemente non hai capito un cazzo di sto disco, quindi puoi anche smettere di dire ai tuoi amici che è meglio di "Ok Computer" anche se non lo pensi. La title-track cigola, cigola e cigola ancora: quel carillon è tutto lì, sotto le travi del pavimento, tra i denti di Berenice, quel pad percussivo che invade il collo come un avvoltoio silenzioso risuona ancora, come un canto d'addio.

Sì, lo so che "The National Anthem" vi piace, lo so che il free-jazz vi manda in brodo di giuggiole, però, frate', mi sa che ci avete capito ben poco se dite così. Ora ci sarebbe "How To Disappear Completely" ma non mi va di dirvi cosa ne penso, vi lascio ai vostro sfoghi patetici. "Optimistic" è ciò che sarebbe dovuto essere "Ok Computer" se solo non fosse stata l'unghia eradicata a freddo che invece è. "In Limbo" direi che sfancula in un secondo e in una nuovola d'amianto tutti i vostri dischi inutili dei Pink Floyd, ma proprio tranquilla tranquilla.

"Idiotheque" è esattamente ciò che Wagner avrebbe composto se quella volta, invece di stare a scrivere, fosse corso sotto una pioggia corvina in un campo di papaveri: come una nevrosi velvetiana trasferita su sinapsi più eccitate. "Treeingers" finora l'ho saltata, perchè tanto anche voi la saltate quando ascoltate sto album, però fidatevi che vi perdete la cosa migliore. "Morning Bell" qui è bella da morire, mentre fa ritorcere il fegato in "Amnesiac", e non so dirvi perchè.

"Motion Picture Soundtrack" è oltre, ammetto di non averla ancora decodificata e probabilmente mai ci riuscirò: resta la serratura impossibile, il cavillo introvabile, il plesso che impedisce alla sostanza di esondare. Concludo qui, dai. Di lì in avanti i Radiohead composero altri due dischi stratosferici, ovvero "Hail To The Thief" e "In Rainbows", poi altri dischi un po' insipidi. "Kid A" resta un caso a parte nella storia dell'arte e dell'uomo, l'opera precaria e definitiva, il disco che ha messo in difficoltà le menti deboli e ha letteralemente mandato al manicomio le menti illuminate. Un disco stronzo all'inverosimile, un disco perfetto.

Carico i commenti...  con calma