Alla sezione “palloni gonfiati” dell’alternative rock, pochi occupano uno spazio tanto vasto quanto i Radiohead. Per tacere dei loro lavori della “maturità” ( scopiazzamento incrociato sull'asse Aphex twin-autechre-mercury rev), l’acme compiaciuto e segaiolo dei 5 oxfordiani è certamente quella insopportabile finto-opera rock che risponde al nome di “OK Computer”.
Ne abbiamo sentite tante di idiozie su questo disco, ma è giunto il momento, fantozzianamente, di dirlo: “Ok computer” è una boiata pazzesca. Si basa su sonorità trite e ritrite, non si trova una sola canzone decente tra le 12 presenti e – peccato mortale – il tutto è avvolto da una nauseabonda angoscia, da far rimpiangere i primi dischi di Marco Masini.
Vediamo cosa ci riserva il disco. L’apertura è con “Airbag”: atmosfere plumbee – la solita new wave riciclata – cantato già insopportabilmente sopra le righe nel descrivere pene di cui non frega una minchia a nessuno.
Si arriva poi a “Paranoid Android”, da molti definita una nuova “Strawberry Fields Forever”. Mai affermazione fu più blasefema! In 6 minuti i Radiohead riescono a sciorinare una galleria degli orrori fantastica: arrangiamenti simil morriconiani da film portoghese di serie b, i soliti lamenti di Yorke che ricordano il mio gatto inserito in lavatrice, orrendi  e putrefatti assoli di chitarra al cui confronto quelli del tizio dei Darknesss suonano innovativi come quelli di Hendrix a suo tempo.
“Subterranean homesick alien” è tutto sommato innocua, ma l’effetto è letale perché quando pensi che arrivi qualcosa di migliore, Yorke ti piazza il suo colpo ferale. La temibile “Exit music”, in cui il nostro sosia di Maria De Filippi ( che però è più maschile di lui) strilla come una battona brasiliana in calore (ma tutti stanno sempre lì a parlare dell’angst yorkiana, mah..) su un testo così banale che fa sembrare gli autori di “Amici” dei novelli Harold Pinter.
Poi arrivano “Let down”, con arpeggini biascicati  mielosi, e la soporifera ”Karma Police”. Non manca nemmeno la track sperimentale “Fitter happier”, perché si sa , i Radiohead sono degli arditi sperimentatori e poi  - cazzo-  questo disco rappresenta o no l’inizio dell’era dei computer???
Le tracce finali – tra i nostri spasmi preagonici – riservano la consueta ricetta, risultando particolarmente penosi in “Lucky” e “The tourist”, anche se in quest’ultima  ci piace pensare che il destinatario del “Slow idiot, slow down” sia Yorke medesimo, o quell’imbecille che suona la chitarra con un ciuffo tipo Cameron Diaz in “Tutti pazzi per Mary”. Unica eccezione in questo disastro di album è la favolosa “No surprises”: una "magnifica ballata a lume di candela", su una “superba  melodia velvetiana” come dicono i bravi critici rock. Memorabile soltanto per il video clip però : ogni volta che MTV la passa, speriamo sempre che Yorke muoia davvero annegato.

Carico i commenti...  con calma