Capolavoro. Quasi, non esageriamo. E’ il disco che segna l’apice della storia dei Radiohead, dopo il buon “The Bends” e prima dei rivoluzionari “Kid A” e “Amnnesiac”. È un disco che non conviene ascoltare mentre si è con gli amici, non avrebbe molto senso; sarebbe meglio sceglierlo quando si  è fermi, altrimenti nel movimento potrebbe sembrare quasi musica triste: invece è un album che ti prende, che non ti annoia mai, non ti rattrista, anzi dopo lo stress quotidiano ti rilassa, come un drummino, solo che ti sistema la mente e non ti distrugge i polmoni.
I testi sono stupendi, trasmettono con frasi brevi e spesso enigmatiche (“Karma Police” sicuramente batte tutti) emozioni che le linee melodiche della chitarra in sottofondo esasperano, il ritmo è sempre lento e pacato, la voce travolgente di Thom Yorke riesce a evocare dentro chi l’ascolta gli stessi disagi che le sue parole esprimono. Le canzoni sono tutte belle, le migliori sono “Let Down”, in cui  si percepisce l’inquietudine che la città provoca nel cantante (inquetudine ben espressa anche nella copertina del cd, anch’essa bellissima) ,  la dolce “Subterranen Homesick Alien”, nella quale Thom desidera che gli alieni lo riportino a casa, via da un mondo strano e da persone che sente molto lontane dal suo modo di essere,  e infine “Karma Police”, di cui non riuscirò mai a capire a fondo  il senso ma che è davvero carina.

I Radiohead fanno musica abbastanza d’avanguardia e credo convenga, per chi non l’ha già fatto, almeno una volta ascoltare questo album, poi i gusti sono gusti, magari vi trovate meglio con i Blink 182 o i Linkin Park: ma se fosse così forse è ora che proviate a staccarvi un attimo dalla musica commerciale, i Radiohead potrebbero essere un buon passo in avanti nella giusta direzione. 

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