Dopo il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, il biofisico Eugene Rabinowitch e il fisico Hyman Goldsmith radunarono attorno a sé figure eminenti nel campo della fisica e in particolare ex-fisici del Progetto Manhattan (tra questi Julius Robert Oppenheimer ma anche - tra gli altri - Albert Einstein e Bertrand Russell) e avviarono il progetto "Bulletin of The Atomic Scientists": una rivista di carattere divulgativo sui pericoli relativi la diffusione delle armi di distruzione di massa. Nel 1947 fu inaugurato il "Doomsday Clock" che simbolicamente conta i minuti che mancano alla mezzanotte (cioè alla fine del mondo) e che dal 2007 ha allargato il proprio "range" anche alla pericolosità di altri eventi catastrofici come i cambiamenti climatici. Sin dal principio lo stesso J.R. Oppenheimer sottolineò come il progetto avesse una attendibilità solo relativa, tuttavia se questo orologio segna oggi per la prima volta dal 1953 (l'anno della bomba h) solo due minuti alla mezzanotte, allora evidentemente non è che le cose stiano andando tanto bene.

Questo stato di crisi, dovuto alla crescita dei nazionalismi, l'atteggiamento aggressivo nel campo della politica estera e relativamente gli armamenti nucleari di USA e Russia e i mancati accordi sul cambiamento climatico, hanno condizionato i contenuti del nuovo lavoro discografico di Rafael Anton Irisarri. Uno dei maggiori multi-strumentisti, compositori e produttori americani contemporanei, Irisarri vive nello stato di New York, ma si può considerare come un cittadino del mondo per quella che è la propensione della sua musica a abbattere ogni frontiera sia sul piano della sperimentazione che per quello che riguarda il suo orientamento concettuale e ispirato a una visione a 360° del mondo che lo circonda. Proprio su queste basi, il disco "Midnight Colours" (Geographic North) è stato concepito e definito come colonna sonora del "Doomsday Clock", un'opera dal carattere e toni inevitabilmente drammatici e che trasmette più che paura invece una profonda malinconia: quel rimpianto che puoi avere mentre assisti disincantato alla fine del mondo e quando è oramai già troppo tardi per tornare indietro.

Avvicinabili concettualmente a certe ai contenuti di "The Machine" di John Foxx and The Maths, le composizioni (otto in totale) del disco riprendono quel tipico carattere "puntinista" che è diventato il marchio di fabbrica di questo compositore giustamente definito come post-minimalista e che qui ha registrato il disco interamente su nastro usando un vecchio Otari, quasi come volere imprimere a fuoco su di una pellicola cinematografica queste sensazioni così intense e che del resto hanno anche un certo aspetto cinematico e derivativo da una fantascienza classica e i cui temi centrali sono oggi ancora più lontani da essere risolti rispetto al passato.

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