Prima che inizi tutto il can can dei Festival estivi, queli che fanno sembrare l'Italia il Paese delle meraviglie, dove tutti vogliono venire a esibirsi, merita di essere ricordato il concertone di uno dei gruppi più potenti del rock funk metal. Gli aficionados, quelli che "Hasta la Victoria simepre" erano lì dal mattino, dopo lunghe sessioni preparatorie cominciate nel marzo scorso, quando s'è sparsa la notizia che Morello e soci venivano in Italia. Eccoli finalmente. Sirene e Guantanamo, a dimostrazione che i Nostri sono sempre sulla notizia.
Vestiti con le tute arancioni tristemente famose, cappuccio nero dei prigionieri calato in testa, i Rage Against The Machine affondano il coltello nella piaga di Bush, una delle tante, e si palesano sul palco alle 22 in punto di sabato 14 giugno, davanti alla bolgia infernale che riempie lo stadio Braglia di Modena dalle prime ore del pomeriggio. Unica data nel nostro Paese, Zack de la Rocha e il chitarrista ex harvardiano Tom Morello sono attesissimi dai fan, duri e puri come loro, che fanno della resistenza fisica, psicologica, al sistema, alle avversità una bandiera e un vanto. Cinque minuti fermi, rigidi, braccia conserte, gamba tesa, atteggiamento di sfida: cattivi con lo sguardo fisso sulla folla che sotto li acclama, un fiume di gente pogante e urlante, il delirio assoluto e fuori controllo, braccia e bocche all'unisono in un solo boato.
Parte "Testify", la voce inconfondibile squarcia l'aria, un lamento che abbiamo imparato a conoscere bene, la stella rossa alle spalle rimbalza nei monitor: ancora e sempre, rock politic, protesta e lotta. Indomiti, attaccano "Bulls On Parade", mentre la cordata umana si alimenta, tanti ragazzi forzano la barriera per invadere il campo, e un fuocherello sorge a metà prato. Adesso i cori si fanno alti, l'inno è quello dell'Internazionale comunista, lo spirito si è mantenuto intatto nel tempo. Impegnati sì, anche se lusingati dalle sirene capitaliste, i Ratm non sono affatto contenti del mondo, così com'è diventato, e anche se negli Usa adesso spira un vento Democrat, diverso, foriero di speranza, sanno che ci sarà sempre bisogno di una voce "contro". "Bullet in the head" è un proiettile sparato dalla chitarra di Morello, la batteria ruggisce, poi si fa più grave, tutta muscoli, i tattoo di Tim Commerford guizzano sotto le luci, la corazza nera dipinta su spalle e torace desta l'invidia delle tribune. L'onda d'urto del pubblico su "Killing in the Name" travolge quelli davanti e fa salire la pelle d'oca alle curve, "Sleep Now In The Fire" alza la barriera del suono di dieci decibel.
Pazienza per quell'ora di attesa, pazienza se "Calm like a Bomb" è un finto bis e non ci sarà la seconda uscita. Di quanti bis avete bisogno? L'ora e mezza è tirata allo spasimo.
Si torna a casa stravolti. Io poi non mi considero nemmeno una patita, ma un'osservatrice interessata di fronte a un fenomeno così potente. Dal vivo rendono come pochi altri, lo sanno e alla fine ringraziano compatti il loro popolo.
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