È difficile scrivere una recensione su 'Lingua Mortis', eppure mi sono sentito in dovere di scriverne una quando ho notato che nessuno l'aveva ancora fatto, infatti sono convinto che niente più di questo disco meriti di essere conosciuto da chiunque ami la buona musica... ma basta con gli elogi perchè si andrebbe avanti all'infinito. Chiedo scusa sin d’ora se non riuscirò ad esprimermi come vorrei per parlare di questo capolavoro.

Come dicevo non è semplice descrivere questo lavoro, in quanto non ci troviamo di fronte al solito album dei RAGE e al loro power metal teutonico spaccaossa sempre efficace. In effetti, non ci troviamo di fronte neanche ad un disco metal in senso stretto, ma a qualcosa in più. È sufficiente inserire il Cd nel lettore per accorgersene: canzoni metal suonate da un’orchestra.
NOTA BENE: non stiamo parlando di un disco di Symphonic Metal o di un disco in cui sono presenti degli arrangiamenti con qualche violino… stiamo parlando di canzoni Metal ma suonate nella loro quasi totalità dall’Orchestra Sinfonica di Praga, a cui Peavy Wagner si è rivolto. Come può l’unione di due generi maestosi (anche se in modi diversi) non essere a sua volta maestosa?

Sin da “In A Nameless Time” (da Black In Mind) ci si rende conto di ascoltare qualcosa di unico: le sfuriate metalliche delle chitarre sono sostituite dagli archi e dai fiati, la batteria è sovrastata dai timpani e le chitarre si sentono solo in pochi momenti (ma buonissimi). Si potrebbe pensare che ne perda la carica della canzone… niente di più sbagliato, l’orchestra conferisce un tono ancora più solenne e una potenza inaudita alla musica dei RAGE composta solo per i canonici strumenti del settore… il risultato è un suono grandioso difficilmente descrivibile a parole. “Alive But Dead” (Black In Mind) dimostra il genio degli arrangiamento di Peavy, riuscito a non perdere un bricolo dell’oscurità della canzone originale, e a renderla seppur meno aggressiva molto più efficace. Ma è con il “Medley” che arrivano le lacrime, e non certo di tristezza. Un’emozionante giro di pianoforte sulle note di “Don’t Fear The Winter” apre questa traccia di 15 minuti che racchiude pezzi recenti e non del gruppo tedesco, seguita a ruota da una commovente versione di “Black In Mind”, semplicemente da brividi.

L’orchestra prende il sopravvento e ci regala uno stralcio di “Firestorm” strumentale, prima di lasciare il posto alla splendida “Sent By The Devil”, come tutte le altre canzoni presenti su 'Lingua Mortis' l’orchestra mette sotto una nuova luce anche questa perla da Black In Mind. Ma quando inzia “Lost In The Ice si grida al miracolo, le dita corrono sul pianoforte e subito i violini si uniscono in unisono e vanno a formare una melodia senza pari, quasi fluttuante nell’aria, ma i RAGE si ricordano di essere ancora un gruppo metal ed è il momento dell’assolo di Sven Fischer sopra una melodia pressante e cadenzata che va a chiudere questo “Medley”. In una parola: immenso.
L’ ultima canzone vera e propria è la toccante ballad “All This Time”, simile all’originale presente su Black In Mind ma senza dubbio riuscitissima. L’ultima traccia è una sorta di tributo all’Orchestra, una versione strumentale di “Alive But Dead” che va a chiudere 'Lingua Mortis'.

So benissimo che probabilmente dalla recensione non sono riuscito a descrivere del tutto o a farvi capire questo lavoro… ma è qui che sta l’essenza di Lingua Mortis, è un’opera d’arte che sfugge semplicemente a qualsiasi tipo di definizione. Spero solo che qualcuno possa almeno essere incuriosito e voglia provare le emozioni che questo disco trasmette ad ogni ascolto, posso assicurare che ne vale la pena. Forse così facendo potreste riscoprire il metal o la musica classica, perché di fatto è di questo che si parla di Metal e di Musica Classica perfettamente fusi che si rinforzano a vicenda. E scusate se è poco.

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