Le lande distese e ghiacciate della Finlandia sono da sempre patria di numerosi gruppi metal, alcuni adorati dalla stragrande maggioranza degli ascoltatori quali Amorphis, Apocalyptica o Sonata Arctica, altri ancora molto contestati e capaci di dividere il pubblico in due, come Nightwish, HIM e Stratovarius.

Nel 2002 si affiancano a questa nutrita schiera di bands i Rain Paint, combo che ad un primo ascolto potrebbe sembrare niente altro che l’ennesimo prodotto gothic, con tonalità musicali autunnali e tristi, che nulla levano e nulla aggiungono al metal odierno: nulla di più sbagliato. Ora non voglio stare qui a dirvi che questi finlandesi cambieranno le sorti della musica, però definirli solo gothic metal sarebbe estremamente riduttivo ed errato, dal momento che nella loro musica convogliano elementi dark wave, progressive rock, death metal e doom, finendo per sembrare una versione meno esasperata di un ibrido tra Katatonia ed Opeth, con qualche elemento preso qua e la da HIM e The 69 Eyes.

Dopo il debutto del 2003 un poco in sordina, i nostri si riaffacciano sul mercato nel 2006 con questo “Disillusion Of Purity”, che rappresenta un grande passo avanti per la band: innanzi tutto il song writing è decisamente maturato, le composizione hanno più spessore, i testi risultano essere meno puerili e scontati, ma anche le capacità tecniche del gruppo risultano essere notevolmente migliorate, con una nota di lode che va alla voce di Aleski Ahokas, che si dimostra perfettamente a suo agio sia nelle parti di growl, peraltro richiamanti il ben più noto collega Mike Akerfeldt, sia nelle parti clean nelle quali mostra una voce potente e ben modulata.

La tracklist risulta essere estremamente variegata, presentando al suo interno sferzate di death/doom metal melodico come nella prima “Year Or Two”, influenzate dal gothic metal, che si ritrova specialmente nelle parti di tastiera. Aleski compie al microfono un lavoro davvero encomiabile, esprimendosi in maniera convincente sia nel growl, gutturale e mai piatto, sia nelle parti pulite più vicine al gothic rock. Riaffiorano elementi Moonspelliani nella seconda “Give Back My Heart”, specie nel finale in cui le parti più melodiche, che hanno avuto un posto in primo piano in tutta la parte precedente, si trovano a duettare con atmosfere decisamente più oscure.

Andando avanti a spulciare il disco, altri momenti molto interessanti si ritrovano ad esempio nella cover dei The Cure di “Disintegration”, assolutamente rimodernata e che non perde il suo estremo fascino neanche in queste veste di progressive gothic metal, inalterata resta invece l’atmosfera triste che la permea per tutta la durata. “Purity” e “Final Peace” colpiscono invece per la loro potenza, che specie nel primo caso sfocia in sfuriate death metal con il cantato sempre pulito che duetta ancora una volta con il growl.

Si continua con “Inside Me”, introdotta da una batteria che scandisce ritmi in controtempo con la base melodica, e si trasforma in forse che quello è il pezzo più vicino al progressive metal, senza mai mettere da parte la vena più aggressiva che trova il suo spazio nei brigde che introducono poi a un ritornello decisamente arioso, che da una sensazione di liberazione. Chiude il lavoro il lungo strumentale “Disillusion (Outro)”, nel quale i nostri si dilettano in qualche virtuosismo in più, dimostrandosi capacissimi a non perdere mai di vista la parte melodica, con un risultato finale coi fiocchi.

Il lavoro si presenta dunque decisamente buono dal punto di vista qualitativo ma anche molto ben suonato e ci dona una band compatta ed estremamente affiatata, che deve lavorare ancora poco per diventare uno dei gruppi di punta del metal melodico del nord Europa.

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