Parlerò volentieri di un altro gruppo appartenente alla scena psych-rock inglese della seconda metà dei '60. Questa volta devo obbligatoriamente anticipare che la formazione dei Rainbow Ffolly, anche se poco conosciuta sebbene il loro unico LP venne pubblicato dalla potentissima EMI-Parlophone, si potrebbe maggiormente accostare ad una banda di strampalati provocatori dalla verve bizzarra, cinica, irriverente, forse anche troppo; tuttavia per alcune stranezze anticiparono addirittura la Bonzo Dog Band e alcune soluzioni tecnico-sonore dell'album Sell Out dei Who.

Innanzitutto erano quattro musicisti, ex studenti del Collegio d'Arte di Wycombe; i fratelli Richard e Jonathan Dunsterville i due leader, chitarra e voce. La mente del progetto alla base dei Rainbow Ffolly era tuttavia Jonathan, un vero artista a 360 gradi; si spostavano senza l'utilizzo del classico furgoncino con il nome della band dipinto in fiancata ma con una piccola autoambulanza che sfrecciava a sirene spiegate. Arrivati presso il luogo del concerto scendevano sti' quattro tizi vestiti con abiti che definire psichedelici sarebbe limitativo; durante il concerto spesso si interrompevano e un lacché saliva sul palco, i quattro seduti ad un tavolino rococò pigliavano il the con i biscottini al burro. Con tutta la calma possibile appena fatto ricominciavano a suonare. Durante le varie tournee del biennio 1967/1968 toccarono anche Londra per poi azzardare una capatina allo Star Club di Amburgo, dove logicamente vennero accolti a braccia aperte dai tedeschi ormai stanchi dei quattro ragazzetti di Liverpool e dalla solita melassa anglo-americana. Al limite della loro cinica arte si esibirono presso l'ospedale cittadino in una versione alquanto azzardata di It's a Wonderful World di Armstrong, provocando non poche polemiche e qualche insulto da parte dei degenti che erano giusto in procinto di dipartire. In sala di registrazione ci entrarono giusto per lasciare una traccia musicale di quello che erano i brani principali del loro intrigante repertorio, risultato: l'album Sallies Fforth appunto. Questo è psichedelico più per certe soluzioni tecniche che per un reale collegamento al filone; potrebbero infatti essere paragonati a formazioni americane di "rock psicho-sperimentale" del periodo come gli Aorta, gli Autosalvage e gli Ars Nova. Probabilmente un pochino meno originali musicalmente ma sicuramente ed estremamente più simpatici, i testi delle canzoni sono infatti pregni di riferimenti goliardici e di battute che poco hanno a che centrare con il classico humour inglese, questi fanno ridere a crepapelle!

I pezzi sono in totale tredici, impossibile menzionare tutti i generi che vengono tracciati lungo il percorso con arrangiamenti che per quanto strani possano sembrare non arrivano a creare alcuna confusione ed anzi l'ascolto si rivela estremamente piacevole. Giusto per dare un'idea, seppur limitata, si passa dalla canzonetta pop melodica al tamburellare ritmico, dall'old-time music al bluegrass, dalla chiara presa per il culo dei Beatles di Drive My Car al garage rock volutamente storpiato, dal folk-blues alla classica canzoncina psichedelica, e via dicendo... Tutti i pezzi risultano comunque legati tra loro in modo da formare un'unica suite intervallata solamente da rumori registrati dal vero, s'innestano infatti annunci di hostess ubriache, voci fuoricampo e versetti estemporanei, lupacchiotti, una veggente, fortunale, una partitina a ping pong, treno a vapore, radio a onde corte, voce elettronica, una toilette occupata sfortunatamente per un tizio che se la sta' facendo addosso e la lista potrebbe continuare. Giusto menzionare il fatto che i vari accorgimenti atti a snaturare il suono degli strumenti acustici vennero anche questi ideati dallo stesso Jonathan Dunsterville e dalla moglie Julie, come ad esempio le modifiche riguardanti il pianoforte, le chitarre, i tamburi e i microfoni, senza contare il grande lavoro svolto ai nastri magnetici.

La BBC durante un programma musicale decretò Sallies Fforth il miglior album pop-rock del mese (Gennaio 1968); stranamente il disco vendette pochino ma rimase comunque un lavoro di riferimento, inspirò una delle più note band australiane dei primi anni '70, The Captain Matchbox Whoopee Band (Smoke Dreams) ma anche i Tea & Symphony (An Asylum for the Musically Insane) e lo snuff rock degli anni '80, gli Alberto Y Lost Trios Paranoias soprattutto. Ma non fatevi spaventare dalla descrizione, è un album che per quanto bizzarro possa sembrare leggendo queste righe, è musicale al 100%, tra l'altro anticonformista e spiritoso, il tutto stranamente permesso dalla politicamente corretta mamma EMI.

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