Tengo un prisma di vetro tra le mani, lo inclino e faccio in modo che la luce lo attraversi e mi soffermo ad osservare, completamente inebetito, i cangianti giochi di luce che si creano e si disfano sul pavimento. Quello che mi affascina è la semplicità con la quale cambiano i disegni che ora ricoprono le piastrelle della stanza. Ed è solo una questione di millimetri. Ellison scrive così. Una prosa classica che a distanza di dieci righe appena diventa sperimentale, surreale, psichedelica e onirica con continui cambi di ritmo nei quali il lettore fa quasi fatica a tenere il passo. Pubblicato nel 1952 Uomo Invisibile è un libro di formazione a sfondo razziale ma non solo. Ambientato nell’America degli anni ‘40/’50 il protagonista è un ragazzo senza nome che vedrà le sue speranze non solo disattese ma distrutte per essere triturate finemente. Si ritroverà a respirare questa polvere sottile assassina fino al finale violento ed estremo nel quale quasi soffocherà. Mezzo morto, agonizzante, troverà l’unica soluzione per la sopravvivenza nell’invisibilità.

Comincia così.

Sono un uomo invisibile. Non sono uno spettro, no, uno di quelli di Edgar Allan Poe; e nemmeno un ectoplasma da film di Hollywood. Sono un uomo di sostanza, di carne e ossa, di fibre e umore. [...] Quando la gente mi incontra vede solo tutto intorno, e vede se stessa e vede i frutti della sua immaginazione: insomma proprio tutto all’infuori di me. [...] C’è il fatto di avere spesso il dubbio di non esistere. Ti chiedi se non sei solo un fantasma nella mente degli altri. È quando ti senti così che per risentimento cominci anche tu a sbattergli addosso. Ti preme di convincerti che esisti nel mondo reale, che sei parte del clamore e dell’angoscia e attacchi con i pugni, li maledici, bestemmi, per farti riconoscere. E purtroppo non funziona quasi mai”.

Segui le illusioni disattese del protagonista nell’università del Sud, la discesa agli inferi nella società newyorkese che lo emargina ed infine la rapida ascesa e caduta nella Fratellanza comunista di Harlem. Leggi e ti rendi conto che non è un’accusa convenzionale quella che Ellison muove. Non ci sono descrizioni morbose atte ad impietosire chi scala queste ruvide pagine fitte e piene nelle quali viene descritta in modo sperimentale e non convenzionale la realtà. Il protagonista è un bastardo e lui stesso si autodefinisce così. È un irresponsabile perché come potrebbe essere responsabile se la società non lo vede e non lo riconosce? Il romanzo è crudo, pessimista, scevro di retorica e compassione e purtroppo non offre una soluzione se non la presa di coscienza della propria invisibilità; il punto di partenza dal quale poter affrontare il mondo per un riscatto futuro.

Sette decenni sono trascorsi e le psichedeliche e forti immagini di questo libro, che ha al suo centro il dramma irrisolto degli afroamericani in U.S.A., sono estremamente attuali e dimostrano che purtroppo il suo affresco è ancor oggi valido.

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