Produttore Gus Dudgeon, Caleb Quaye alla chitarra elettrica, Roger Pope alla batteria, Davey Johnstone al mandolino: praticamente c'è quasi tutta la band di Elton John in questo album del cantautore inglese Ralph McTell; molti di voi conosceranno questo talentuoso ed originale artista per la struggente ballata acustica "Streets Of London", proveniente dal suo secondo album, "Spiral Staircase" del 1969, divenuta un evegreen ed interpretata bene o male da innumerevoli artisti, tra cui spiccano Cat Stevens e i Blackmore's Night. Nonostante questo exploit, Ralph McTell è rimasto sempre un po' in ombra, troppo poco spesso ricordato come un grandissimo folksinger, sensibile, profondo ed intelligente seppur quasi sempre leggero, orecchiabile ed originale, che ha raggiunto l'apice della sua carriera non con "Streets Of London" ma bensì con questo album del 1971, dalla copertina che più anonima non si può ed un titolo, "You Well-Meaning Brought Me Here" che di certo non rimane impresso come, ad esempio, "Highway 61 Revisited" o "Goodbye Yellow Brick Road".

I primi tre album di Ralph McTell, "Eight Frames A Second", "Spiral Staircase" e "My Side Of Your Window", pubblicati a cavallo tra il 1968 ed il 1969 e prodotti sempre da Gus Dudgeon con Tony Visconti come arrangiatore avevano un sound prettamente acustico, con "You Well-Mining Brought Me Here" del 1971 arriva l'evoluzione, la proposta di qualcosa di più ambizioso e raffinato. Ralph McTell ci crede, è nel suo momento di massima ispirazione, è il prodotto finale è semplicemente straordinario: un suono quasi "cosmico", folk immaginifico e carico di suggestione, pur senza toccare la psichedelia, elegante, rarefatto, ammantato da una sensazione di calma e compostezza quasi surreali.

Questo album è un viaggio in musica che parte addirittura dall'inizio per antonomasia, dal mito della creazione rievocato nell'iniziale "Genesis I Verse 20": dolci arpeggi, una voce bassa, calma e suadente, un intermezzo di sintetizzatore suonato da Rick Wakeman a conferire un ulteriore tocco "misterico" e l'incantesimo prende vita, e continua con "First And Last Man", in cui all'estasi della prima traccia si aggiunge un'ombra di smarrimento, lo smarrimento dell'uomo, sperduto e disorientato su un mondo sconosciuto dopo la cacciata dal paradiso terrestre, che si trova ad affrontare una nuova vita; cori di accompagnamento conferiscono ombreggiature echeggianti a questa canzone, intrisa di una certa solennità arcana e sommessa. Poi arriva l'amore, le atmosfere si fanno più terrene, e si materializza "In Some Way I Loved You", perfetta melodia pop disegnata da un violino sornione, quindi è la volta dell'alcol con "Lay Your Money Down": folk, puro folk, dolcissimo folk, questa canzone, accompagnata da un flauto e da cori giocondi, splendidamente ipnotica è un po' come un quadro che ritrae un vivace pub irlandese dipinto però con acquarelli e tonalità delicate e sfumate.

Ricapitoliamo: la creazione, il primo uomo, l'amore, l'alcol, poi viene il migliore amico dell'uomo: il cane, celebrato con una ballata stuggente ma al tempo stesso grandiosa, di respiro quasi epico, la stupenda "Old Brown Dog", con il grande Davey Johnstone al mandolino e un bell'assolo della chitarra di Caleb Quaye, infine è la volta della guerra: "Pick Up A Gun", una piano-ballad orchestrale di sapore agrodolce, forse l'episodio più "eltoniano" dell'album. A questo punto il nostro Ralph McTell perde per un po' il filo del concept, ma l'album si mantiene comunque su livelli altissimi: c'è un'incursione in territori pop-rock più vivaci e ritmati, nel complesso ben riuscita e piacevole come "Claudia", un leggiadro minuetto, "Ballad Of Dancing Doren" e due ballate dolci ed intense, "You Well-Meaning Brought Me Here" e "Chalkdust": melodie stupende, testi intimi e sensibili, queste canzoni rappresentano l'evoluzione naturale di quanto il primo Ralph McTell aveva già mostrato non solo con "Streets Of London" ma anche con "Michael In The Garden" e "Girl On A Bicycle".

Proprio alla fine il ciclo si chiude, ovviamente, con la morte: arpeggi inquieti e rarefatti, scanditi da un felpato giro di basso, la voce è particolarmente nitida, evocativa, magnetica; un viaggiatore stanco, provato da un lungo viaggio arriva ad un grande fiume ed incontra "The Ferryman", il traghettatore, proprio lui, Caronte; cori arcani ed orchestrazioni si palesano il tutta la loro sottile magnificenza, seppur con un'ombra cupa la musica è dolce, trascinante, limpida, di bellezza disarmante. Il viaggiatore capisce tutto e si abbandona a quel momento, tutto si confonde e sfuma nel momento della morte, una morte che però racchiude in sé il seme di una rinascita. Meraviglia.

"You Well-Meaning Brought Me Here", palesemente mal confezionato e "venduto" ancora peggio, è semplicemente una pietra miliare: oltre il folk, un art-pop di raffinatezza unica ed irripetibile, un concept album originale, immaginifico, affascinante, splendente di una perfezione assoluta, il Canone di Policleto, il lascito più grande ed importante lascito di un grande artista che non ha assolutamente nulla da invidiare ai contemporanei e più ricordati Donovan e Cat Stevens che, anzi, con questo incredibile album scavalca di slancio, incidendo indelebilmente il suo nome nell'Olimpo dei grandi del folk. 

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