L'esordio dei sei di Berlino può essere catalogato come un caso a parte della discografia dei Rammstein, freddo, robotico, marziale, quasi a volere rivendicare una identità musicale prettamente tedesca. Già perchè in quest'album è presente un concentrato di influenze musicali (Kraftwerk,Einstürzende Neubauten le principali) sapientemente rielaborate per dare una originalità, o meglio una firma: Rammstein.

Cresciuti nella Germania dell'Est sotto la DDR in diverse formazioni come i Feeling B, Die Firma, First Arsch ecc, finiscono per ritrovarsi insieme per registrare una demo, dopo aver vinto un concorso musicale.
E mentre tutti i loro conterranei cantavano in inglese (gli Scorpions per esempio) loro puntano alla poco melodiosa lingua tedesca.
Herzeleid, tolta la ballad Seemann, suona come una macchina inarrestabile, chitarre dai riff volutamente ripetitivi e asettici, sempre su tonalità basse,il tutto accompagnato da tastiere acide e campionamenti noise, con la voce di Till Lindemann monocorde di un androide da un futuro distopico.
Lo stesso Till che non ha paura di cantare esplicitamente di pedofilia in Weisses Fleisch o di necrofilia in Heirate Mich, già perchè ai Rammstein piace mettere in mostra fino a che punto può arrivare la depravazione umana, un po' come facevano i Throbbing Gristle, senza alcun filtro o giri di parole.
Ma non solo, c'è spazio anche per tragedie, come in “Rammstein”, dove viene trattato il disastro avvenuto nella base NATO di Ramstein (con una m sola) in cui una esibizione delle frecce tricolore avvenne un incidente che causò 70 vittime. Musicalmente è la parte migliore dell'album, le chitarre sono un macigno distruttivo che travolge tutto, come il disastro aereo, non c'è scampo.

La loro prima prova discografica racchiude la loro essenza, la loro attitudine, la loro unicità, ovvero ciò che li ha portati da band underground da club a band di successo mondiale in grado di riempire gli stadi internazionali.

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