Già dall' esordio discografico del 1995 i Rammstein delinearono un loro stile preciso: estetica ed influenze Industrial, cantato in tedesco con riff robotici e ritmiche marziali, definirli solo industrial è un errore perchè semplicemente non lo sono, io li inquadrerei più in una sorta di rock elettronico che mette in risalto la voce, con divagazioni sulla pesantezza quanto in momenti corali, atmosfere notturne ed anche se alcune delle cose citate precedentemente ovviamente non le hanno inventate loro, sono riusciti a farle convogliare nel loro stile che li ha portati ad un ottimo successo mondiale e nonostante spesso si tratti comunque di musica non accessibile a tutti.
Per “Zeit” non abbiamo dovuto aspettare poi cosi tanto come era successo con il precedente album omonimo (9 anni) che pur essendo forse il loro lavoro minore, ci ricordava che il gruppo tedesco non ha mai sbagliato un uscita ed inizio subito dicendo che non è successo nemmeno in un anno così pieno di incertezze. Il loro ottavo album ha una propria identità e non presenta particolari sorprese stilistiche ma è giusto che sia così, parliamo di un gruppo che non potrebbe uscire mai più di tanto dai loro schemi definiti senza stonare ma questo non deve per forza essere visto come un male, soprattutto tenendo conto che il loro territorio di gioco è abbastanza ampio senza tradire troppo le radici. Anche in questo album infatti troviamo le classiche formule: I singoloni orecchiabili (“Zick Zack”, “Giftig”), le atmosfere evocative senza rinunciare alla pesantezza che hanno reso grandi album come “Mutter” e “Reise Reise” (per chi scrive i loro due album di punta) ritrovate ad esempio in "Schwarz" e “Adieu” una delle canzoni migliori del lotto ed i momenti più riflessivi come “Zeit” che rappresenta qualcosa di più vicino ad una ballad con un testo davvero interessante. Teniamo conto poi che spesso queste formule vanno ad unirsi tra loro in un sound che suona fresco ancora oggi e che non annoia mai anche perchè non c'è un episodio da bocciare particolarmente ed il disco scorre esente da difetti, pur non arrivando agli apici della loro carriera. Più di altre volte si scorge una propria identità ed atmosfera che stavolta è più triste e fredda del solito e questo è uno dei punti di forza del disco, viste anche le tematiche riguardanti il passare spietato del tempo e soprattutto per me che non ho mai apprezzato più di tanto i singoli orecchiabili di cui sopra anch'essi più seri e del solito in questa sede, per chi scrive è sempre meglio quando si cimentano in qualcosa di più vario.
Forse ci troviamo di fronte al loro album migliore dai tempi di “Reise Reise” ma non mi va di fare paragoni e solo più ascolti nel tempo potranno decretarlo, quel che è certo è che la prova è superata a pieni voti anche perchè un album così gradevole a questo punto della propria carriera non è da tutti.
Voto 8
1. Armee Der Tristen
2. Zeit
3. Schwarz
4. Giftig
5. Zick Zack
6. Ok
7. Meine Tränen
8. Angst
9. Dicke Titten
10. Lügen
11. Adieu
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