Dopo tre album che sono tuttora esempio insuperato del più sfrenato ed esuberante primitivismo rock'n'roll, nel 1978 i Ramones si trovano in una situazione ben nota a tante altre band leggendarie: immenso rispetto da parte dei colleghi, un discreto zoccolo duro di fan-discepoli fedelissimi e incalliti, una miriade di altri gruppi nati dai loro 3 accordi, ma pochi quattrini in tasca e nessun risultato di classifica rilevante. Si tratta di una situazione che spesso piace più ai fan che alla band, e infatti ai Nostri questo non andava proprio a genio, soprattutto perchè erano ben consci di fare musica tutt'altro che priva di potenzialità commerciali (e, alla luce del clamoroso successo riscosso una ventina d'anni dopo dopo da pallidi epigoni tipo Green Day o Blink 182, non si può che dar loro ragione). Per cui, dopo aver sostituito il batterista Tommy, vittima dello stress da tour, con l'ex Voidoids Marc Bell (Marky Ramone) i quattro incisero questo "Road To Ruin". Un altro esempio di primitivismo rock'n'roll, ma un pelo più ragionato. 

Sebbene la maggior durata delle canzoni (che superano più di una volta la barriera dei 3 minuti), la produzione più pulita (tra l'altro con grande beneficio del suono di Johnny) e la presenza di chitarre acustiche e persino di micro-assoli di chitarra abbia a suo tempo scandalizzato qualche puritano punk, la materia rock dei Ramones non è stata infatti per niente snaturata. Un certo mestiere c'è, e si sente, ma anche i pezzi più pop, ovvero "Don't Come Close" ,  "Questioningly" e la cover acustica di "Needles & Pins" dei Searchers, pescano a piene mani dal rock'n'roll delle origini, da quegli anni 50 e 60 tanto cari ai Ramones, e non suonano per niente impacciati o affettati (a differenza dei tre album successivi, che risentono della presenza spesso ingombrante dei produttori esterni).

Inoltre, l'arrivo di Marky, che aveva suonato hard-rock con i Dust, porta talvolta all'adozione di ritmiche più "heavy" e strascicate: come nell'iniziale "I Just Wanna Have Something To Do", che deve essere piaciuta un sacco a un bel po' di gruppi grunge. Ma la vera perla dell'album, che da sola ne vale l'acquisto (dai, sono 9.90 euri!) è "I Wanna Be Sedated", una delle canzoni simbolo della band, probabilmente il loro ultimo grande inno da disadattati: riff, melodia e ritornello indimenticabili, un assolo mono-nota (geniale risposta di Johnny a chi lo accusava di non essere in grado di suonare assoli), il tutto intervallato dai "pa-pa-papa-pa-papa-papa" di Joey. Cose, queste, che da sole si bevono intere discografie dei suddetti gruppetti "punk" anni 90, e non solo.

Se la rece vi sembra troppo enfatica, è perchè il sottoscritto è stato iniziato al Rock da questi individui. E il primo amore eccetera eccetera.

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