“One, two, three, four!”
Quante canzoni dei Ramones si aprono così, con Dee Dee a dare il tempo? Un’infinità e chissà se loro stessi, delusione dopo delusione, avrebbero mai immaginato che, quasi cinquant’anni dopo la nascita del gruppo, saremmo stati ancora qui a parlare di loro. Giustamente associati all’esplosione del punk, i Ramones, in realtà, andarono oltre, con una formula più sfaccettata del semplice “impara tre accordi e fonda un gruppo”. Partiti, in quel di New York, già nel ’74, quindi ben prima del leggendario ’77, svecchiarono una scena rock ormai sfiancata da anni di suite di diciotto minuti in tempi dispari ormai fini a loro stesse, riportando le lancette indietro di quasi vent’anni, andando a rinverdire i fasti del rock’n’roll degli anni Cinquanta e Sessanta, oltre che di tante melodie che avevano fatto ballare milioni di giovani in pieno boom post-guerra. In breve, i fratellini furono sì fondamentali per dare il via alle danze del punk, ma mantenendo sempre un’identità ben precisa, fatta di ironia, disimpegno e un immaginario cartoonesco e nostalgico, dalla improbabile mascotte del Pinhead fino alla “divisa” in stile Marlon Brando del Selvaggio. Se ve lo stavate chiedendo quindi, no, qui non ci sono né “anticristi” a spaventare i vostri genitori né prese di posizione terzomondiste, ma uno stile semplice quanto difficilmente imitabile e tanta vitalità, anche quando le cose, dietro le quinte, inizieranno ad andare male.
Dopo la falsa partenza come trio, con Dee Dee alla voce, ci si assesta subito con la formazione storica, quella con Joey, Johnny, Dee Dee e Tommy. L’esordio del ’76 è una boccata di aria fresca: si va dritto al sodo, si riporta il rock alla sua natura primigenia e, soprattutto, ci si riesce al primo colpo, con Ramones che diventa un classico. Blitzkrieg Bop, Beat On the Brat, Judy is a Punk e I Wanna Be Your Boyfriend indicano la direzione che i quattro, di fatto, seguiranno fino alla fine della band negli anni Novanta: ritmi veloci e chitarre taglienti ma anche dolci melodie e momenti più raccolti, il tutto unito alla voce da crooner di Joey.
La formula viene ripetuta l’anno dopo con Leave Home e funziona di nuovo. Se Gimme Gimme Shock Treatment, Carbona Not Glue e Swallow My Pride diventano classici istantanei, I Remember You mette in risalto le doti vocali di Joey e California Sun è uno dei tanti brani degli anni Sessanta a cui i Ramones avrebbero dato nuova veste.
Il picco di questi primi anni di attività lo si raggiunge qualche mese dopo con Rocket to Russia, tra i manifesti del genere e che lo stesso Joey in più occasioni indicherà come il suo preferito. Gli elementi di una ricetta ormai collaudata ci sono tutti e al meglio, con il solito misto di velocità e ironia, con pezzi storici come Sheena is a Punk Rocker, Rockaway Beach e Teenage Lobotomy di fianco alle nuove versioni di Do You Wanna Dance? e Surfin’ Bird, a conferma di quel lato festaiolo che già aveva fatto capolino negli LP precedenti.
Per il quarto disco Tommy abbandona le bacchette, sale e bordo Marky e il risultato è Road to Ruin del ’78. Si cerca, nei limiti del possibile, un approccio più melodico, con le tastiere che aggiungono colore qua e là, ma il boom nelle vendite resta lontano, generando frustrazioni e tensioni. I Just Want to Have Something to Do, Questioningly e She’s the One, fino alla cover della malinconica Needles and Pins sono tra i momenti forti dell’album.
Dopo la comparsata nella commedia musicale del ’79 Rock’n’Roll High School, forse anche per cercare di rilanciare il gruppo, si pianifica un nuovo LP con Phil Spector, pezzo da novanta della produzione. Nonostante l’enorme budget a disposizione per il nuovo End of the Century, però, la sensazione è che la montagna, alla fine, partorisca il topolino. Malgrado la buona accoglienza da parte della critica, l’estenuante “cura Spector”, fatta di arrangiamenti curati nei dettagli, toglie ai Ramones quella freschezza che li aveva sempre contraddistinti, senza considerare che inizia, anche a livello compositivo, a trasparire una certa stanchezza. Do You Remember Rock’n’Roll Radio? e Rock’n’Roll High School, comunque, funzionano, con il gruppo convincente come agli esordi.
L’anno seguente, nel 1981, con Pleasant Dreams, si conclude la fase migliore del quartetto. Alla regia stavolta c’è Graham Gouldman dei 10CC, che conferisce al tutto quel tocco “pop” già ascoltato con Road to Ruin, con le tastiere a ingentilire il suono. E’ forse l’ultima volta in cui si spera davvero in un salto a livello commerciale, che comunque non arriverà mai. Messe da parte le estenuanti modalità di lavoro di Spector, con singoli passaggi rielaborati all’infinito, sembra che si torni a quella formula che aveva fatto apprezzare la band agli inizi, unita a una varietà di stili che rende il LP il più eclettico tra quelli qui considerati. We Want the Airwaves, The KKK Took My Baby Away, It’s Not My Place (in the 9 to 5 World) e 7-11 sono tutti degni di nota e, grazie alle coinvolgenti melodie, quarant’anni dopo non hanno ancora perso smalto. Il disco non avrà il peso degli storici primi tre album, ma resta certamente piacevole.
Si andrà avanti, tra alti e bassi, fino alla metà degli anni Novanta, quando si deciderà di far calare definitivamente il sipario. Nonostante l’interesse mostrato in quegli anni da paesi come quelli sudamericani, negli USA i Ramones resteranno sempre legati al circuito dei piccoli club, ma la loro influenza sulle generazioni successive sarà comunque enorme. A nulla serviranno gli attestati di stima da parte delle nuove star del punk e del grunge, nel ’96 si alzerà bandiera bianca. E spiace dover constatare come Joey, Johnny e Dee Dee non abbiano nemmeno potuto godersi più di tanto il successo “postumo”: verranno tutti a mancare tra il 2001 e il 2004. Scomparso nel 2014 anche Tommy, della formazione storica il solo Marky è ancora in giro a tenere vivo il repertorio e il ricordo di questo mitico gruppo. Quanto alla Sire, continuerà a lavorare con i Ramones ancora per tutti gli anni Ottanta, ma è oggettivo che i dischi per i quali oggi sono ancora ricordati siano questi, da qualche tempo contenuti nel cofanetto The Sire Years 1976-1981. Inutile dire che si tratta di un ottimo modo per recuperare tutta la discografia storica di questi eterni ragazzi del Queens, oltre che per farsi un’idea di cosa sia stato il punk delle origini.
Ramones:
- Joey Ramone, voce
- Johnny Ramone, chitarra
- Dee Dee Ramone, basso e voce di accompagnamento
- Tommy Ramone, batteria (fino al ’78)
- Marky Ramone, batteria (dal ’78)
The Sire Years 1976-1981:
- Ramones (1976)
- Leave Home (1977)
- Rocket to Russia (1977)
- Road to Ruin (1978)
- End of the Century (1980)
- Pleasant Dreams (1981)
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