Considerato un mito, per me è uno degli album più snervanti della storia del punk rock, è semplicemente l'ennesimo stereotipo di punk rock trito e ritrito che fa il verso (molto molto male) ai Clash. Si sono sprecati paragoni tra Rancid e Clash, paragoni giustificati unicamente dal fatto che la band californiana ha spudoratamente copiato il copiabile dai Clash.
Se i Rancid avevano iniziato bene la loro carriera, arrivati al terzo album precipitano nell'abisso. Le canzoni sono fatte male, costruite intorno a ritornelli radiofonici e fastidiosi come quelli di "Time Bomb" e "Ruby Soho", con la solita esibizione del bassista che ripropone qua e là assoli per niente facili ma per niente belli, e il cantato storpiato di Tim Armstrong. L'unica nota positiva dell'album è Lars Frederiksen, che canta bene, suona bene e rende alcune canzoni ("Maxwell Murder", "Roots Radical") decenti. Ma non brilla nulla in questo disco, mettere due strofette ska qua e là non significa sperimentare.
Il disco non può non piacere a chi ama le canzonette facili con i soliti testi da bravo punkettone fiero, ma per chi preferisce il lato più intelligente del punk i Rancid sono briciole, anche se idolatrati da maree di adolescenti perchè sfoggiano creste e borchie ed in ogni canzone ci sono le parole "punk rocker".
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