"Questo Rap è la cosa più sbagliata che la musica italiana potesse fare, e una volta che questa s'è bagnata, uno stronzo ha concluso un grande affare".

Difficile smentire tale affermazione. Anche se a farla è uno uscito da MTV Spit. Sì, sì proprio la gara d'insulti per bambini dai 3 anni in su. E la fanno pure in prima serata. A onor del vero, il giovanotto in questione si fa il mazzo già da diverso tempo, contando all'attivo un disco solista e due in combo con l'altro giovanotto titolare del lavoro in questione.

La formula è quella più classica: un dj/producer che spezzetta sample, programma batterie e di quando in quando, graffia un vinile per la gioia dei maniaci di giradischi e mixer (anche perché se no il Dj nel nick che se lo terrebbe a fare?). Un mc che dalla prima all'ultima traccia, delizia (o inorridisce, a seconda dei casi) l'ascoltatore con una serie di allitterazioni, metafore, racconti, giochi di parole e tutto quanto di più caro può avere un amante del Rap. La formula, dicevamo, è quella più classica. Di classico, questo disco, non ha nemmeno la copertina. Vuoi perché nelle produzioni di Dj Myke, si alternano suoni elettronici e chitarre acustiche suonate, e tra un campione oscuro e l'altro, salta fuori pure il coro dei pompieri di "...altrimenti ci arrabbiamo!". Vuoi perché l'unico featuring accreditato in scaletta è di Max Zanotti dei Deasonika. Scelta coraggiosa, potrebbero asserire certuni. Clamorosa cagata, potrebbero tranquillamente dissentire certi altri. Ma non divaghiamo.

Ok, a livello musicale abbiam capito che siamo fortunatamente lontani dalle basi fatte con le stesse librerie di suoni dal '94. Ma il Rap di Rancore com'è? Dai, con un nome del genere, mica sarà uno che si mette a vaneggiare di amore, fratellanza, rispetto tra fratelli e tutte quelle puttanate da nostalgico della Zulu Nation no? No, infatti se la prende un po' con tutti e tutto. Con la sterilità dell'ambiente musicale al quale, in teoria, dovrebbe appartenere innanzitutto. Con la fascia di giovanissimi che mette via i quaderni e i libri di matematica, perché tanto sa che la sua generazione è di artisti. Con un'Italia testardamente aggrappata a stilemi e regole di vita del pleistocene. E già che c'è, anche con se' stesso e la propria incapacità di rimanere lucido davanti a tutto questo. Non c'è spazio per odi al proprio quartiere natale o racconti di rendez vous piccanti con l'altro sesso nelle liriche di questo ragazzo. Non che i racconti in questo disco manchino eh; ma riguardano per lo più gente comune con problemi comuni, le facce che incroci distrattamente viaggiando in autobus da capolinea a capolinea. O i buoni sentimenti che se spinti all'eccesso, possono tramutarsi nel male estremo. Gli altri rapper vilipendono altri rapper. Lui vilipende l'industria alimentare e Barack Obama. Va bene, di cose da dire abbiamo capito che ne ha. Ma tecnicamente com'è? Non so quanto può essere calzante come aggettivo, ma mi verrebbe da dire: completo. Infatti sa alternare dosi di trick fonetici in quantità industriali a testi che privilegiano soluzioni metriche più semplici, in favore di un messaggio chiaro ed immediato. Oddio, che poi di immediato nei suoi testi c'è ben poco. Quasi tutte la tracce richiedono più di un ascolto per essere comprese e apprezzate in pieno. Ma nell'era del "cestino un quarto d'ora dopo aver scaricato", direi che è un pregio di cui ben pochi altri rimatori possono vantarsi.

Insomma, è un disco da acquistare a scatola chiusa, e che scorre liscio come l'olio dall'inizio alla fine senza bisogno di skippare nulla? Beh, se proprio vogliamo essere dei cagacazzo, secondo me qualche difettuccio ce l'ha. A partire dal sopracitato ritornello dello Zanotti, che non è che mi piaccia proprio tanto. E poi qualche frase ripetuta in modo troppo ossessivo in un paio di pezzi. A parte questo però, direi che è tutto al suo posto. Anzi: non è tutto al suo posto (se per metro di paragone prendiamo il 99% dei dischi Rap, italiani e non). Ed è proprio per questo che il disco si lascia ascoltare più e più volte che è un piacere.

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