"Carneade! Chi era costui?" (Manzoni, I promessi sposi).
Random Hold, questi sconosciuti. Questo era il gruppo delle aspettative. Un gruppo dalle enormi credenziali. Una formazione che avrebbe potuto, ma non ha fatto. Un flop inaspettato, ma con tanto di certificato di qualità, voluto da nessuno, ma forse predestinato. Nel 1976 due studenti del College di Dulwich, in Inghilterra, folgorati dal concerto degli 801, mettono su una band. Si tratta del tastierista David Ferguson e del chitarrista David Rhodes. Con alcuni demo di musica sperimentale con tendenze Krautrock e alcune audizioni malamente finite, decidono di reclutare, l'anno successivo, il batterista Pete Phipps reduce dall'esperienza con The Glitter Band.
Poi, colpo di culo, arrivano ad un cantante che temporaneamente prestò servizio proprio negli 801, Simon Ainley, qui assunto anche come chitarrista ritmico. Ainley, grazie alle conoscenze fatte con la precedente esperienza propose di assumere il bassista Bill MacCormick, personaggio dalla storia incredibile e dalle conoscenze storicamente radicate (Matching Mole, Quiet Sun, 801). MacCormick portò la band nientemeno che al cospetto di Tony Stratton-Smith (Virgin Records, Charisma Records, Genesis, Van Der Graaf, Generator, Brand X, Monthy Phyton). Molti brani erano già pronti e l'etichetta, per la produzione vagliò nomi illustri: Brian Eno, Peter Gabriel, Peter Hammill, proprio su quest'ultimo cadde la scelta finale. Con la stessa formazione e produzione la band incise due EP e due dischi "Etceteraville" del 1979 e "The View From Here" del 1980, riuscì a fare due tour il primo come spalla agli XTC e il secondo come spalla di Peter Gabriel. Tutto il materiale inciso venne poi raccolto in un doppio album, che è quello che andiamo ad analizzare.
La versione inglese originale aveva all'interno due fogli ciclostilati e firmati da Peter Gabriel, nei quali venivano decantate le qualità della musica del gruppo e di come lo stesso Gabriel rimase affascinato dalle particolari costruzioni sonore della band. In effetti la peculiarità della loro musica era quella di rientrare difficilmente in canoni definiti. Si può parlare di post punk, di new wave, di progressive, indie, pop, rock e psichedelia e in ognuno di questi generi trovare agganci talvolta appena accennati o, in altri frangenti, effettivamente dominanti. I 17 brani del doppio album si snodano su campi piuttosto inconsueti, che uniscono alla tessitura, prettamente in forma di "canzone", momenti più hard ("Meat"), più progressive ("The View From Here"), più psichedelici ("Silver Spoons / Golden Tongues", "Cause & Effect"), più easy e ritmico ("Etceteraville", "Montgomery Clift"), più new wave ("The Ballad", "Avalanche"). Il basso dinamico e sempre in bella evidenza di MacCormick guida l'ascolto tra le chitarre sempre precise, graffianti e spezzate di Rhodes, mentre i Synths, generalmente un tappeto, talvolta escono fuori in maniera poderosa, creando un muro sonoro, molto variabile e moderno, su cui far ruotare una batteria spesso più percussiva, che secca macchina ritmica. E su tutto voci calde e presenti (Rhodes e Ferguson), indiscutibilmente di impronta new wave/synth pop, con testi lunghi e interessanti ("Precarious Timbers", "Tunnel Vision").
Dovessi sintetizzare due gruppi, dalla cui fusione potrebbero aver avuto vita i Random Hold, potrei dire Roxy Music e Ultravox del periodo Foxx. Sarebbe comunque tentonatorio, vista la personalità e la miscela eterogenea della band, ma - così - un'indicazione sufficiente.
Alla fine dell'esperienza Random Hold, il gruppo ebbe un disbando totale: Pete Phipps finì in pianta stabile negli XTC per gli album "Mummer" e "Big Express" e i relativi tours e poi con Roger Chapman e Eurythmics. David Rhodes finì con la band di Peter Gabriel nella quale ricoprì per anni la figura di lead guitar, MacCormick si diede alla politica, Ferguson alle colonne sonore e Ainley all'architettura. Una grande band finita nel nulla, lasciandoci un disco notevolissimo, nuovo nelle forme e nelle strutture sonore, smembrata come si fa con le società che funzionano e che hanno il fiato delle multinazionali sul collo. Quattro anni di vita, 17 splendide canzoni. Fine delle trasmissioni.
sioulette
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