Una cafonaggine mistico coatta di questa fatta è difficile scontrarla. Manovrare una chitarra elettrica e trasfigurarla nel tirarle fuori suoni inaspettati per creare un condominio demente duro di comprendonio verso assoli di rock classici. Lancinante direi la proposta che muovendosi dentro freschi ambiti hard rock proto Doom, prende la palla al balzo di stupirci del dimostrare fondatezza del gesto gratuito, deforma la mascella in un ideale "Oh Yeah!" perpetuo.
Come Glenn Gould canticchiava mentre suonava le variazioni, all'ascolto di questa chitarra anche a noi viene voglia di assecondarla con semicircolari movimenti della mandibola, e più sei borgataro (di Roma possibilmente) più sarai avvantaggiato naturalmente, allenato che sei già da tutti quegli "embè", "aoo" che ti hanno accompagnato sin dalla nascita evolvendo l'articolazione del muscolo del nostro corpo che preme di più, ad un riverbero di periferia.
La ruminazione è senza sosta, gli assoli si fondono col ritmo salmodiato alla perfezione dalla batteria di Chris Lockheed, diamo il nostro assenso a cavalcare l'onda lavica a più non posso. La temperatura è tremendamente alta e di una violenza piacevole dove Randy ciondola in una brodaglia di vanità impersonale anche in quei passaggi dove bascula nel nulla, per poi ricominciare nel rivelare che con quella "zappa" tra le mani può permettersi di fare quello che gli pare.
L'esercizio chitarristico potrebbe essere recepito come fine a se stesso ma non è così, Holden ci fa sentire, e vedere con quella fronte-retro copertina e con quella divisa bianca da infermiere alieno, che è completamente dentro non inculandoci di pezza, lui và, và, và...
E la tua mano invece di tirarti una pippa sta fissa sulla manopola dell'amplificatore e lentamente, costantemente, al fluire del magma alza il volume sempre più. E la tua mano si fonde con la mano di Randy e lì capisci che cosa intendeva il Principe Bijan quando alle televendite di tappeti su Telemarket se ne usciva all'improvviso con la Trinità tattile: palpage, accarezzage, toccage... con quella nuance maccheron franco-persiana, quella sinuosità, quell'eleganza concreta di chi conosce "il sopra e il sotto", vivamente presente anche nel disco.
E il "giovine" Holden, boro convintone, per tutta la magniFica performance ce la fa letteralmente "vedere e toccare". DAJE!
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