Raphael Gualazzi è la mia personale rivelazione di San Remo.

Non ho mai amato né i brani scanzonati, né gli artisti contemporanei, ma questo cantautore e pianista dalle sonorità blues-jazz è riuscito nell'impresa del convertirmi e dell'operare un certo rinfrescamento nei miei gusti musicali.

"Ma chi l'avrebbe detto!? Sento solo la musica Carioca! Carioca!"

Sono giorni che mi ritrovo col cervello in loop a ripetersi questo ritornello.

Ma il brano presentato a San Remo è solo un'ammiccante introduzione a tutto quanto è stato racchiuso dietro la copertina minimale scelta per quello che è il quinto album in studio di Gualazzi.

Raphael, per quanto ne sappia dopo un non approfonditissimo approccio, ma già vissuto con l'impronta di una certa ammirazione e con la voglia di continuare a seguirlo e ad approfondirlo, ha l'aria di essere un artista capace e poliedrico; parlo in uno stato di semi folgorazione, ma mi sentirei di etichettarlo come artista elegante, ma non tedioso; contemporaneo, ma non scontato.

Oserei, persino dire, che questo signor Gualazzi possa essere raffigurato come un redentore della musica contemporanea.

Rispetto ai suoi vecchi lavori (che sono andato a sentirmi su una piattaforma streaming, ma che ho anche già provveduto ad aggiungere alla mia collezione), forse, forse, questo disco è stato appositamente concepito per avere una veste meno internazionale, ma più affine al mercato italiano.

C'è del pregiudizio in quel che dico: affermando che Raphael abbia voluto plasmare la sua arte ad uso e consumo delle orecchie italiane, rispetto ai precedenti lavori, aggettivati come "internazionali", voglio anche affermare che, se questo album pare strizzare un pochino di più l'occhio alle sonorità più in voga, perdendo in complessità, è perché la più parte dei connazionali non sa apprezzare dovutamente un certo tipo di musica.

Una cosa sento di poterla affermare in termini meno dubitativi e con buona certezza: che questo disco sia più o meno internazionale; che sia più o meno contemporaneo (pregiudizialmente intendendo con ciò, qualcosa di sempre fragile, effimero e portatore di costruzioni sempre prive di fondamento); credo che Gualazzi rappresenti un barlume alternativo; trovo che sia espressione di una "élite alfabetizzata" e portatore di un moto eversivo nella musica italiana.

Raphael Gualazzi "Ha un piano", ma forse ne ha due: ha un pianoforte che suona magistralmente e un piano politico-musicale.

"Nah Nah, nah nah, nah, nah, nah, nah, nah, nah, nah, nah, nah...basta non ne posso più di tutti quegli scemi che mi voglion far sorridere di questo mondo ignobile,basta non se ne può più di tutte quelle finte dive tinte della tele, di qualche ruolo facile,basta non se ne può più di tutti quei geniacci che son pronti a farmi ingurgitare fregola alle fragole"[Nah, nah]

Può ben aprire il suo disco in maniera scanzonata, dandosi ai "Nah, nah", caro Gualazzi, ma guardi, poi, quanto biasimo manifesta per la nostra epoca, tutta!

Vabbeh, ma io a lei, l'ho capita, sa!?

Lei è giunto per spezzare la rigida divisione tra cultura popolare e cultura dotta. É giunto per intrecciare alto e basso, per costruirci piani di lettura intelligibili in maniera diversa a seconda di chi le si dovesse accostare.

"Forse passa un vento di libertà..."[Nah, nah]

"A cosa mi serve la libertà di stampa, di culto, di espressione artistica, se il posto in cui vivo è solamente una colonia culturale?" [La libertà]

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