Questi sono 21 minuti e 36 secondi di pura energia e tiratissimo funk-rock. E ci troviamo proprio agli inizi, gente. Siamo nel lontano 1970, un anno dopo "Funky Drummer" di James Brown e uno prima di "What's Going On" di Marvin Gaye. E già da un po' di tempo i gruppi che bazzicavano quella scena musicale erano tanti, vedi Sly and the Family Stone, i Meters e i Parliament di George Clinton, tanto per citare i più famosi. E anche questa versione di "Get Ready" ad opera dei Rare Earth segnerà inesorabilmente un periodo, gettando inoltre importantissime basi per sviluppi musicali che sarebbero avvenuti di lì a qualche tempo.
Il brano fu scritto in origine dal signor William "Smokey" Robinson (del gruppo dei The Miracles), e prodotto dalla storica casa musicale della Motown, alla quale era legato. Per chi non conoscesse l'etichetta in questione, stiamo parlando probabilmente della più importante casa discografica riguardante la musica R&B e soul (specialmente negli anni '60 e '70), e non solo per artisti neri. Il sound che la Motown aveva contribuito a far sviluppare e circolare era una musica fortemente ritmica, con ampio uso di bassi e percussioni, sia in vista di un certo soul energico, sia a creare un tappeto sonoro per accompagnare linee vocali melodiche (vedi Stevie Wonder o Marvin Gaye). Tra i tanti artisti che alla fine degli anni '60 avevano firmato per la Motown, troviamo anche i Temptations e i nostri Rare Earth (che per la cronaca erano degli sporchi bianchi? : ) ). Entrambi i gruppi proposero una versione del brano "Get Ready", e probabilmente la versione dei primi, risalente al 1966, resta quella più famosa. E sicuramente più breve. I nostri Rare Earth incisero invece una lunga versione del pezzo e la fecero uscire come singolo. Questa decisione derivò dalla volontà di catturare su vinile la loro performance live della canzone, con la quale chiudevano sempre i concerti. In realtà non è ben chiaro se la versione che è stata incisa derivi realmente da un concerto (si sentono le grida della folla, di tanto in tanto), o no. Ma resta il fatto che i Rare Earth ci hanno lasciato un gran pezzo di musica, dove viene dato spazio ad ogni membro della band per un "solo" col suo strumento. La struttura della canzone non è particolarmente complicata, ma di grande effetto: d'altronde serve semplicemente a far muovere i piedi e sballonzolare il cuore, e lo sa fare molto bene.
John Parrish : bass guitar
Kenny James : keyboards
Rod Richards : guitar, background vocals
Gil Bridges : saxophone, background vocals
Pete Rivera : drums, lead vocals
Dunque, la canzone... Dopo un inizio lento introdotto dalle tastiere, complici però anche delle sferzate di chitarra leggermente psichedeliche, il sax parte dolcemente introducendo una bella melodia. Cominciano così ad arrivare il basso sornione e la batteria molto ritmica, ancora con la chitarra in sottofondo, fino ad arrivare al secondo minuto, dove pian piano sopraggiunge, in un lento crescendo, il deliro. Parte quindi definitivamente l'accoppiata basso/batteria, fino a che non arriviamo alla parte cantata della canzone, con tanto di coretti di sottofondo. Al quinto minuto circa partono i veri e propri soli: nell'ordine: basso; tastiere (eteree e veloci); chitarra (acida- con le tastiere in lontananza); sax; e batteria (selvaggia e saltellante). Finiti i soli, la batteria si velocizza nuovamente e il brano riprende. Riparte la parte cantata, fino alla fine dei 21 minuti e passa. Che almeno una volta dovete sentirvi. Non ci sono caiser...
La cosa che bisogna sottolineare è che, al tempo, la gente di colore soleva ritrovarsi in spazii ampii, magari al chiuso, e ascoltava dischi ballando: erano i cosiddetti "dance party": e pezzi come questo davano la possibilità (vista la durata e visti i ritmi vertiginosi) di sfogare i propri istinti di ballerini, inventando sempre nuovi e originali movimenti. Solo qualche anno dopo, intorno al 1975, eventi del genere cresceranno in maniera vertiginosa, dando il via a una vera e propria rivoluzione musicale e culturale all'interno delle comunità nere: la nascita del cosiddetto Rap. A New York così acquisteranno grande fama Dj storici come GrandMaster Flash, Afrika Bambaataa e Clive "Hercules" Campbell. Quest'ultimo viene identificato un po' come l'iniziatore del genere, nonché il possessore, a quel tempo, della più ampia discografia funky in 45 giri del Bronx. Tra i suoi dischi uno dei più programmati resta appunto questo pezzo dei Rare Earth. E su queste note funkettone tutti i migliori ballerini del Bronx si sfidavano ballando in discoteche malfamate come Plaza Tunnel, per tutta la notte. Insomma, questo disco profuma davvero di storia.
Se poi GrandMaster Flash abbia superato la fama di "Hercules" non sta a me dirlo. Perché questa è un'altra storia, e quindi la lascio nelle mani ben più qualificate di ZiOn e co.
Let's funk!! (a scelta si possono cambiare le ultime due lettere della parola...)
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