Capostipiti smidollati della tanto bistrattata scena NWOBHM, i Raven rappresentano un chiaro esempio di come la scena rock sia stata sempre talmente prolifica e veloce nel crescere e nel proporsi che spesso se ne sono trascurate le origini e troppo spesso gruppi di talento e carichi di idee siano caduti tristemente nel dimenticatoio.
È proprio il caso di questo devastante trio formato dai fratelli Gallagher (Mark alla chitarra John al basso) e da Rob Hunter (batteria) che, nel lontano 1981, supportati da una produzione grezza ed immediata, sfornano un sound robusto e di sicuro impatto, quello che i tre chiamavano "athletic Rock". Era l'anno, tanto per contestualizzare il platter in questione, di "Killers" degli Iron Maiden, di "No Sleep Till Hammersmith" dei Motorhead e la scena metal era in pieno fermento e i nostri eroi decisero di metterci tutto il divertimento, tutta la passione e una buona dose di tecnica per incidere il loro LP d'esordio, questo "Rock Until You Drop", che a ragione può essere considerata una pietra miliare del rock.
I Raven, infatti, già dalla prima traccia ("Hard Ride") ci fanno sentire di che pasta sono fatti, sparandoci riffs ruffiani e potenti, accattivanti come pochi, regalandoci senza darci scampo un ritornello che non può che rimanere bastardello nella nostra testa, sprigionando un'energia genuina che ci entra arrogante e baldanzosa nelle meningi. E da lì è un susseguirsi di scariche adrenaliniche ("Over The Top", che fu anche scelto come singolo del disco), di acuti impressionanti (sentire per credere "Hell Patrol" e mi ringrazierete!), di linee ritmiche possenti ("For the Future" e "Rock Until You Drop", sicuramente tra i migliori momenti del pacchetto) e decise ("Don't your need your money" e "Hell-Raiser Action" omaggio agli Sweet) e da schitarrate chirurgiche e acerbe ("Nobody's Hero") che inesorabili dal vinile ti danno la caccia per raggiungerti, farti prigioniero e ferirti fin dentro le ossa, intervallate da una intelligente e malandrina ma breve pausa acustica, giusto per farvi riposare un po' i timpani sanguinanti ("39-40").
Decisamente impressionante la prestazione canora di John Gallagher e la amalgama esplosiva dei tre, che regalano dodici pezzi devastanti per carica, in cui spingono sull'acceleratore senza manifestare mai un calo di ispirazione. Beata pazzia giovanile (all'epoca questi tre scapestrati erano poco più che ventenni!) che raggiunge il culmine, sfiora la genialità nel pezzo di chiusura dell'album. "Tyrant of the airways" è la summa perfetta del raw-sound inteso dai Raven: sporco, crudo, bastardo, dannatamente orecchiabile e dilatato fino al delirio, isterico negli stacchi, nel martellare del basso e dei riff/feedbacks e delle note sparate come chiodi avvelenati.
Un capolavoro anche a partire dalla copertina: strumenti, aste di microfoni, amplificatori, pezzi di batteria e quant'altro si possa trovare in uno studio di registrazione (o magari uno scantinato) che sommergono i tre elementi del gruppo dopo un' improbabile esplosione, causata da non si sa cosa (chiaramente prima di aver ascoltato il disco non vi immaginate cosa vi aspetta!).
"If I want to smash a guitar I can do it instantly. I can toss it around, be mad and know that it'll stand up to it. When a guitar does break I get really annoyed and start smashing things… "
Insomma, buon ascolto!
See Ya!
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