Siamo nei primi anni '80, il punk non aveva fatto prigionieri, ma lasciato una scia di devastazione e distruzione, dalle cui ceneri prese vita un nuovo movimento, altrettanto intriso di furia e rabbia, ma, a differenza dei "marci distruttori" inglesi, con uno scopo: gridare al mondo il disagio di una generazione attraverso politicizzate e costruttive schegge velocissime di follia.

Nasce l'hardcore e l'Italia, la cui parte "estrema" non ha mai riscosso molto successo all'estero, vanta gruppi del calibro di Negazione, Cheetah Chrome Motherfuckers, Indigesti e Raw Power, questi ultimi considerati ancora oggi, in America, i massimi esponenti dell'hardcore e crossover made in Italy.

Questa cosa non può che riempire di orgoglio ogni singolo ascoltatore di musica alternativa nostrano.

Il solo fatto di sapere che un gruppo italiano è stato considerato di ispirazione per moltissime band e ha lasciato un segno profondo nella terra dei mostri sacri quali Black Flag, Corrosion of Conformity, S.O.D., D.R.I., Circle Jercks, Dead Kennedys, Suicidal Tendencies, Bad Brains, Agnostic Front, rende fieri, almeno per una volta, di appartenere al "Bel Paese":

I Raw Power si formano nel 1981, per volere di due fratelli, Mauro e Giuseppe Codeluppi, a cui si uniranno, nel tempo, una folta schiera di musicisti, fra i quali anche Davide Devoti, chitarrista poi di Vasco Rossi e Steve Rogers Band (e non cito questo come un merito, sia chiaro), Nicolò Bossini, in seguito collaboratore di Luciano Ligabue (e non mi sembra un merito neanche questo).

La prima line-up, in cui militavano Devoti e il batterista Helder Stefanini, incise il primo album "You are the Victim" nel 1983, nudo e crudo punk hardcore, che preparò il terreno al capolavoro postumo, datato 1984, "Screams from the Gutter", pubblicato per un'etichetta indipendente americana, la Toxic Shock.

Questo portò i Raw Power oltreoceano per una serie di fortunati concerti, in cui divisero il palco con le band citate in precedenza e gli stessi Guns'n'Roses, ancora sconosciuti, aprirono per loro, a Seattle, nel 1986, una data del tour (si narra che i Gunners rimasero impietriti davanti alla furia e al modo di porsi sul palco dei Raw Power).

Mi vogliano scusare i lettori per il lungo prologo, ma sembrava d'obbligo per dare la giusta luce a una band che ha fatto la storia e l'orgoglio dell'Italia all'estero in ambito estremo indipendente.

L'album in questione rappresenta in pieno lo spirito hardcore: 17 pezzi per un totale di 25 minuti e 54 secondi di pura furia.

"State Oppression" è considerato ancora oggi un inno generazionale, drumming martellante che richiama il thrash più tirato, ossessivi e velocissimi accordi aperti di chitarra in puro stile punk, mischiati ad un assolo al fulmicotone, con la voce disperata e folle che sputa schegge al vetriolo inseguendo il ritmo forsennato del pezzo.

A tratti possono ricordare i Motorhead più veloci, distorti e incazzati ("Bastard", "Army", "Our Oppression"), il ritmo è sempre al limite della schizofrenia paranoide, con Giuseppe Codeluppi che macina riff cercando la liquefazione delle corde e Devoti che intreccia alla perfezione la sua chitarra e incastra assoli indemoniati.

"Raw Power" è un'accelerazione punk da brividi, paurosamente simile a quello che Cobain e soci, non con la stesa furia, ma con un po' più di commercializzata astuzia, tireranno fuori dal cilindro quasi dieci anni dopo.

La voce, come in "Don't let me see it", si fa tirata allo spasimo, l'urlo raccapricciante si erge a padrone incontrastato, mentre influenze del thrash metal old style si vedono nelle composizioni finali, "Nihilist" e "Politicians".

Nel 2002 Giuseppe Codeluppi muore, a 45 anni, per arresto cardiaco durante una partita di calcio tra amici e se ne va uno dei padri fondatori della gloriosa tradizione hardcore dell'Italia post '80, ma l'attività del gruppo continua ancora oggi, sempre ai margini della scena, mai piegati dalle logiche di mercato e sempre fedeli alla linea.

Un album questo che, per gli amanti del genere, rappresenta una vera e propria pietra miliare della musica estrema e soprattutto un piccolo motivo di orgoglio, poiché nato dalla mente di ragazzi italiani e preso d'esempio da molte band della scena statunitense, nonché un vero e proprio pugno in pieno volto con guantone a cui sono stati incollati frammenti di vetro.

Ragazzi che oggi viaggiano ormai sulla cinquantina, ma avrebbero milioni di cose da insegnare alle nuove generazioni, soprattutto cosa vuol dire fare musica e credere nei propri ideali.

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