Tradunt...
Dicono che nel 1999 Ray decise di abbandonare il Maine ed un lavoro in fabbrica per inseguire un sogno: diventare un folksinger. Pare anche che Ray abbia preso questa decisione all'improvviso, dopo aver ascoltato una canzone di Stephen Stills alla radio (Tree Top Flyer).
Ora, io non so se questa storia sia o meno vera. Forse è la solita favoletta che le major hanno l'abitudine di preconfezionare per cucire addosso ad un nuovo musicista una veste ricca di fascino per il pubblico. La mia connaturata malizia mi fa propendere per questa ipotesi, anche se vorrei davvero crederci. Tuttavia, in fondo non ha così importanza, perché quello che conta è sapere che Ray è riuscito a realizzare questo sogno, comunque abbia avuto origine.
Trouble (RCA-2004), il suo disco di esordio, ne è la prova. È un bel disco folk, che, a dispetto del titolo, si lascia ascoltare serenamente, senza problemi ed eccessivi pensieri. E per me questa è già una qualità importante, perchè non è per niente facile incidere un disco del genere, senza inutili orpelli, riuscendo a non scadere nella più assoluta banalità.
Con questo non mi azzardo certo a dire che Trouble è un capolavoro. I capolavori sono ben altri e devono affrontare la prova del tempo. Ma ciò nonostante è una buona opera prima per questo folksinger americano. È dunque "solo" un disco piacevole, che si lascia ascoltare, grazie soprattutto alle sue qualità vocali, essendo dotato di una voce carismatica, calda come un raggio di sole e densa come il miele, che si sposa perfettamente con un ambientazione giocata sull'equilibrio di temi come il dolore, la speranza, la malinconia e naturalmente l'amore.
Non avrà l'immensità di Van Morrison, la profondità di Bob Dylan, il carisma di Neil Young, la raffinatezza stilistica di John Martyn, ma Ray LaMontagne possiede una dote importante: la naturalezza. Questa si respira in tutto il disco, forse con la sola eccezione del brano "How Come", che perde spontaneità per la presenza di una chitarra elettrica un po' fuori luogo. Ma è forse l'unico passo falso di una produzione discreta ed intelligente realizzata da Ethan Johns - già produttore di Ryan Adams e Kings of Leon. Rispettosa dello stile del cantautore, infatti, non aggiunge molto alla sua voce accompagnata da una chitarra acustica: un accenno di archi sullo sfondo, una lieve sezione ritmica, a volte una seconda voce femminile ed il gioco è fatto. Ciò comporta un ascolto abbastanza lineare, senza picchi, con una sua coerenza stilistica definita.
È insomma il disco ideale da ascoltare in macchina un pomeriggio domenicale facendo un viaggio in compagnia di qualche amico, perché è il classico disco che rimane in sottofondo, senza disturbare nessuno. Ma probabilmente si ritaglierà il suo spazio, finchè qualcuno dei viaggiatori dirà "Bello questo disco, di chi è?". E allora voi potrete stupire il vostro inconsapevole compagno di viaggio raccontando "Si chiama Ray LaMontagne, sai aveva un sogno ..."
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