La rappresentazione coreografica dei "4" elementi (nell'ordine: aria, acqua, fuoco, terra più l'atto conclusivo della generazione cosmica e proiezione futura dall'incontro delle entità elementari), i movimenti coreografati da Cristiano Fagioli, lo styling design di Cristiano Fagioli e Cristina Ledri, l'esecuzione dell'intera opera coreografica messa in scena alla prima tenutasi al Teatro Accademico di Castelfranco Veneto la sera del 16 dicemre 2009 da parte del Corpo di Ballo del progetto RBR Dance Company di Verona ("bellezza in movimento": uno spettacolo multimediale e multidimensionale di impronta cosmologica).

Le musiche sono opera di Stefano Pivato, Massimiliano Lupo e Romina Salvadori. Cioè a dire: gli estAsia, pur non più con questo nome. La vocalist sublime (che fu prima degli Antinòmia, poi dei citati estAsia, quindi dei Ran) sulle musiche registrate, inusualmente è stata inserita all'interno della coreografia. Inserimento perfetto: Romina "Momy" Salvadori non sembra affatto in difficoltà all'interno della scena, nella quale fa il suo ingresso cinque volte, avvolta da un abito madreperlaceo in parte a drappo in parte attillato e con i "pistilli" luminescenti disegnati da Gualti ai polsi. L'iniziale tessitura di corpi aere-trasformati alleggeriti della costante "g" e immaterici in grigia seta ma legati evidentemente alla "madre terra" offre subito il taglio scarno ed "elementare" dell'opera: perfezionismo e chiarificazione tematica in un crescendo tuttavia di complessità, in senso "piramidale": innegabile che la tensione drammatica raggiunge il primo climax con l'ingresso di R. Salvadori "non possiamo andarcene da qui..." sono le prime parole che dopo un silenzio (in italiano, con quelle musiche) durato 11 anni al re-incontro con gli altri "due" estAsia non può non commuovere.

Le musiche? un pò suonate un pò campionate un pò programmate, un backround scenico che è tale solo per ammissione implicita: la corporeità e la bellezza sono attraversate permeate a tratti scomposte e reintegrate da quella voce che tutto riesce a sovrastare ammaliare commuovere come il solito "surya" che si posa inevitabilmente dai "cieli più freddi" alle onde di un mare che non controlliamo nel suo moto asincrono eppure così perfettamente geometrizzato ("Oh, Wild West Wind..."). Se nella sequenza dell'acqua il commento si ritrae puntiforme al suono di singole gocce (vengono in mente i P.W.O.G. del primo lavoro) l'accelerazione ritmica progressiva che ne segue (e che costituisce la parte più "elettronica" dell'intero lavoro musicale) riporta alla mente certe cose di William Orbit.

Il secondo atto si apre con la più suggestiva (de opinionibus) sequenza: quella del fuoco, concitata, scandita dal dominio del rosso sia sulla chioma delle splendide dancers, sia dagli accordi rock trascinanti di Massimiliano Lupo; è anche la sequenza di ballo più lunga, che si conclude con la simbolica elevazione tra le mani di ancestrali fiori stilizzati: incontro acqua-terra-fuoco-aria. L'ingresso di Romina, che labilizza come in tutti i casi precedenti il confine ispessito tra materico e spirituale, razionale ed emotivo, è il più spettacolare: due piani di canto completamente differenti, niente glissati, un'elevazione impressionante: la perfezione coreografica è anzitutto nella sua voce, centro assoluto, assieme alle luci-colori della rappresentazione. L'elemento "4+1" vale a dire ciò che dovrebbe seguire all'amalgama cosmico dei precedenti quattro è una prefigurazione di un futuro che attraversa il presente essendo partito da un passato atavico remotissimo comune, il crescendo quasi assordante di musica e proiezioni a velocità stroboscopica di immagini megalopolitane e ipermoderne sullo shermo al fondo della scena fa intuire il senso di intersezione spazio-temporale che ispessisce il significato globale dell'opera. 

E' anche la fase scenica più impressionante: una creatura mostruosa in scena (morte o... "Star Wars"? poco importa) e l'inquietudine di Ninfe del Futuro con emivolto nero e mascherato, protése nel vano tentativo di trattenere l'uomo dal rapimento di quest'ultima è una delle fasi più sconvolgenti.

Cala piano il silenzio, ritornano i colori, la Vita torna a tessere tranquilla le sue trame che si intrecciano con la fredda antimateria cosmica.

Sullo sfondo di una luce morbidamente rosea "Momy" Salvadori rimasta sola sul fronte del palco sulla linea che la rende così vicina alle prime file, e sulla dolce melodia imprevedibilmente malinconica intona queste parole "non fioriranno mai più rose, ma solo rovi, rovi, rovi ancora e soltanto rovi..." e il sipario alle sue spalle si dischiude per lasciare intravedere i ballerini e la scritta RBR DANCE COMPANY.

Il resto è solo la commozione di ha ritrovato dentro se la luce che da quel sorriso si è, come un "quinto elemento", sprigionata.

svið dramur sonor .:N1:.

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