L'istrionica figura di Daniel Day Lewis è a mio modo di vedere la conferma dell'esistenza di attori ancora assolutamenti degni ed eredi dei "magici tre" del cinema che fu, cioè Robert De Niro, Al Pacino e Jack Nicholson (non scordiamoci però gente come Marlon Brando, Robert Duvall, Dustin Hoffman e via discorrendo). Già vincitore del premio oscar come miglior attore protagonista per "Il mio piede sinistro" (ne vincerà poi un altro per "Il petroliere"), il britannico decide di lavorare nel 2005 al film di sua moglie Rebecca Miller.

Figlio di un progetto che era in cantiere già da diversi anni, la Miller ha dato vita ad un dramma familiare che ha tanto il sapore del melò e a tratti (ma veramente pochi) della commedia. La storia ruota intorno alla figura di Jack Slavin (Daniel Day Lewis) un ex hippie con problemi cardiaci che vive volutamente isolato dalla civiltà insieme alla figlioletta Rose (una straordinaria Camilla Belle). La loro vita è perfetta nella simbiosi simultanea di due persone unite dal dolore per la morte della madre di Rose, moglie di Jack. Le giornate trascorrono attraverso lavoro, rispetto della natura ed insegnamenti, fino a quando Jack decide di portare la sua nuova fidanzata Kathleen (Catherine Keener) nella loro casa. Sarà l'inizio della fine per il rapporto stupendo tra padre e figlia...

Mi sono avvicinato a questo film soprattutto per il suo attore principale, da me considerato come quello attualmente più capace sulla scena mondiale. La storia di Jack & Rose, conferma ancora una volta la straordinaria capacità recitativa di Daniel Day Lewis, quì di nuovo alle prese con un personaggio complicatissimo, vissuto attraverso emozioni, passioni e difficoltà molto più grandi di lui. La complessità del suo legame con Rose viene resa in maniera sublime dall'attore, capace anche nell'adattarsi ad una storia difficile, dalle varie sfaccettature. E' proprio Daniel Day Lewis il perno dell'opera, che sebbene catalizzi tutta l'attenzione del film, risulta a sua volta molto complicata e per questo generatrice di varie riflessioni. La pellicola della Miller scorre piacevolmente, incanalandosi sul binario del rapporto padre/figlia analizzando le minime sfaccettature. Questo legame che passa con disinvoltura dalla possibile rottura all'amore morboso ci viene descritto filmicamente attraverso delle scene forti, che culminano nel climax crescente del finale, in cui si rimane con il fiato sospeso fino alla fine, legati poeticamente ad una delle conclusioni più indecise e drammatiche degli ultimi anni.

Rebecca Miller ci tiene in pugno fino agli ultimissimi secondi, per poi lasciarci con una speranza finale. La storia di Jack & Rose finisce così, in modo netto e liberatorio allo stesso tempo e ci lascia dentro uno strano senso di straniamento per una storia che dai toni "ordinari" passa a quelli complessi, non disdegnando un'approfondita analisi psicologica. Per tutti questi motivi è un film che merita attenzione e non fa che confermare la strabiliante poliedricità di Daniel Day Lewis.

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