Che il sottobosco indie italiano sia da tenere sotto costante osservazione se si ha a cuore la sorte del rock tricolore è un dato di fatto, dato che ormai non ci si può neppure fidare di dinosauri come Marlene Kuntz o Afterhours (proprio perché sono diventati dinosauri e quindi si sono fossilizzati sempre sulle stesse cose).

E le scoperte possono sempre essere dietro l'angolo, come questi Redworms' Farm: trio padovano dalla struttura convenzionale e dal suono pesante, caustico ed ipercinetico. Impossibile resistere all'assalto sonico di questo gruppo, che dà notevole sfoggio delle proprie capacità in questo terzo lavoro (più un ep che un vero disco, dieci canzoni per poco più di ventun minuti) "Amazing". Il sottotitolo della traccia iniziale recita "two guitars and a drums we do always the same": bè, forse non sono lontani dal vero, ma cazzo come fanno ciò! Brani che suonano potenti ed aggressivi, sempre in bilico tra noise e ritmi wave, hardcore e ruvidezza grunge, quasi raggiungendo in certi punti una mitica vena hard strapiena di genuina ispirazione.

Il trittico di partenza (Finish, Yeah Yeah Everything e I'm Loking For) si presenta subito come un macigno sonoro: fughe disperate ed improvvisi stop, badilate di energia gettate contro un muro d'insostenibile livore, sciabolate ritmiche annegate tra le onde di tutte le distorsioni possibili (flanger, fuzz, bigmuff, overdrive e chi più ne ha più ne metta).

I Sonic Youth che fanno a cazzotti con i Fugazi. I Mudhoney che versano un tributo di sangue ai loro idoli Stooges.

Più avanti il disco diventa un pochino più eclettico senza per questo perdere niente della sua carica originaria: Rhytm Is A Dance, Pop Song Remixed, ABC e Nervous Act fanno tutt'uno di MC5, Teardrop Explodes e delle scansioni ossessivamente sghembe degli El Guapo. Con la conclusiva, sguaiata e cattivissima Telephone si chiude non soltanto un ottimo cd, ma un'esperienza fisica esaltante.

Tenete le orecchie e gli occhi aperti e correte a sentirli se passassero dalle vostre parti: credetemi, a quel punto non dovreste più invidiare i fortunati che la sera di Halloween del 1968 si trovavano al grande Ballroom di Detroit... Nel caso vi piacessero (e come potrebbe essere altrimenti, miei cari e fuzzosissimi amici) non perdetevi questa loro fatica, che in altra maniera fatichereste non poco a trovare e soprattutto con molto meno gusto.
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