E che cazzo, potevano almeno avvertire.

I Firewater - sorta di supergruppo scaturito da Cop Shoot Cop (voce & basso), Jesus Lizard (chitarra), Soul Coughing (batteria), Blues Explosion (sax) e altri - sono la (super)chicca che non ti aspetti. Una bar-band da classifica tra Tom Waits, Nick Cave e Foetus, con l'orecchio giusto per la melodia e la sensibilità noir opportuna a mischiare il circo, scarti di esotismo indiano, radio-friendly rock, violini e inserti pianistici, cantautorato alla nicotina, magniloquenza da soundtrack, jazz sottocutaneo e balli popolari.

A bocca aperta: tra teatrini fumosi, pacato esibizionismo da strada, un caffè e una sigaretta al bar, salta fuori un cocktail ibrido, enciclopedico, sfaccettato, arrangiato, cesellato, shakerato a dovere e possibilmente pronto ad essere sparato a mille nella vostra autoradio. Quello che potevano essere i Pearl Jam se invece che a Seattle fossero nati a Sydney e avessero per anni sbarcato il lunario suonando nello scantinato di qualche birreria.

Uno di quei rari casi in cui ogni pezzo è potenzialmente un singolo: dodici piccole operette sotto forma di canzone rock destinate immediatamente a colpire, affondare e durare nel tempo. Insomma, uno spettacolo nel vero senso della parola. Vi giuro che si impossesserà irrimediabilmente del vostro stereo, non potrete più farne a meno. E ‘fanculo alla recensione: io vi caldeggio, raccomando, esorto, invito di cuore all'ascolto di questo dannatissimo disco.

Ovviamente: uscito nel '98, è già fuori stampa (grazie Universal). Altrimenti sarebbe in testa a tutte le possibili classifiche di vendita; in un mondo migliore.

Causa assuefazione.

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