Cagliari - Napoli, 1976.
Campionato di calcio di serie A. Un'ora e mezza prima della partita Luís Vinício, ‘O lione, allenatore brasiliano dei partenopei, comunica ai suoi giocatori chi di loro scenderà in campo. Ezio Vendrame, genio e sregolatezza, di solito fa panchina. Ma stavolta viene spedito in tribuna.
Vendrame quell'anno scenderà in campo poche volte e, dopo i gloriosi anni di Vicenza, da calciatore a Napoli probabilmente non riuscirà mai a lasciare il segno. Né di lui la tifoseria ha oggi un ricordo indelebile. Ma quella domenica Ezio non si perde d'animo e, accomodatosi in tribuna, decide di giocare la sua partita fuori. Sugli spalti abborda una modella - "un gran pezzo di figa" - e, "dopo qualche abbraccio e qualche timido bacio", la porta nei bagni dello stadio Sant'Elia e la tromba.
Qualche anno dopo. San Vito al Tagliamento, provincia di Pordenone. Distesi su di un letto in una camera d'albergo ci sono due uomini. Uno dei due è Ezio Vendrame. L'altro è Giancarlo Dotto, giornalista e (ahimè) popolare volto televisivo.
I due si ingozzano di cotolette di struzzo. Vendrame legge i racconti del suo libro, le sue "storie scellerate", e Giancarlo Dotto ne scrive la prefazione.
E' così che nasce "Se mi mandi in tribuna, godo".
Ezio Vendrame invece nasce nel 1947 a Casarsa della Delizia, Pordenone (ieri Udine). Di Casarsa della Delizia qualcuno ha detto che è un posto "grigio e popolato a stento da antiquate figure di contadini". Questo qualcuno è, era Pier Paolo Pasolini, vissuto a Casarsa e ivi seppellito nel locale cimitero. E' proprio sulla tomba di Pasolini che Vendrame incontrerà per un'intervista il giornalista Gianni Mura. Una scelta curiosa, dettata dal fatto che Vendrame considera il poeta, scrittore e regista (Pasolini, non Scaruffi) il suo compaesano più vivo.
Vendrame, strano caso - ma neanche tanto - di "orfano con i genitori ancora vivi", cresce prigioniero in collegio. Un'infanzia difficile, tra preti aguzzini e amori adolescenziali per un suo biondo compagno di classe. Poi qualcuno scopre che Ezio sa giocare a calcio e, dopo un brevissimo provino (venti minuti), viene ingaggiato dall'Udinese. Condizioni dell'ingaggio? Vitto, alloggio e ben 5.000 lire al mese.
Dopo l'Udinese (dove, tra i tanti, avrà modo di essere compagno di squadra di un giovane Dino Zoff), arriverà il grande calcio, la serie A. La Spal a Ferrara. Dunque Torres, Siena, Rovereto, Lanerossi Vicenza, Napoli, Padova e gli ultimi anni di carriera passati a tirare calci su campi di periferia. Appese le scarpe al chiodo, Vendrame, oltre a dedicarsi alla scrittura, diventa allenatore a livello giovanile, attività che tuttora ricopre cercando di non far danni, perché "quando un allenatore a livello giovanile non fa danni è già un buon allenatore!"
Ezio Vendrame è stato calciatore talentuoso e anticonformista, capellone estroso e ribelle. Qualcuno lo ha definito una grande incompiuta, uno dei più grandi (il più grande?) talenti inespressi del calcio italiano degli anni settanta. Giampiero Boniperti, il Marisa presidente della Juventus ed ex parlamentare europeo, lo accosta più volte al fuoriclasse argentino Mario Kempes e sostiene che, avesse avuto un'altra testa, probabilmente Vendrame avrebbe giocato con successo anche in Nazionale. Ma la verità è che a Vendrame della Nazionale importa poco: lui gioca in Nazionale da sempre, perché ha da sempre fatto quello che vuole.
A Vendrame importa poco del calcio. Non fa mistero di giocare soprattutto per i soldi e le sue partite preferisce giocarle fuori dal campo, con gli amici e con le donne, in un piccolo bar di provincia o in trattoria. Magari la trattoria dell'amico Luigino De Gobbi di Olmo di Creazzo (Vicenza), punto di ritrovo di personaggi incredibili come il ventriloquo Conca, il petomane Bigarella e, su tutti, l'artista, menestrello e mercante d'arte "Kubala". Qualche volta alla combriccola si unisce anche il mitico Gianfranco "Zigo" Zigoni, a quei tempi idolo della vicina piazza calcistica veronese.
Altre volte, invece, è Piero Ciampi, cantautore livornese, poeta, il compagno di avventure di Vendrame, il protagonista delle sue storie.
Stagione calcistica 1975-76. Vendrame alloggia all'Hotel Majestic, lussuoso albergo nel centro di Napoli, in compagnia di altri due giocatori, La Palma e Braglia (detto mitraglia). E' tra queste mura che conosce Marcello Micci, che all'epoca lavora per un'importante ditta di cosmesi, storico amico del cantautore livornese. Un regalo, "ponte d'oro" verso la poesia.
Ezio Vendrame incontra Piero Ciampi a Roma, proprio nella trattoria di Marcello Micci in via Andrea Doria. E' l'incontro che gli cambia la vita. I due diventeranno grandi amici: un'amicizia di quelle vere, che durerà fino alla morte del poeta nel gennaio del 1980.
"Se mi mandi in tribuna, godo" è questo e tanto altro. E' una storia scellerata. Sono racconti di vita di Ezio Vendrame, la vita di Ezio Vendrame dentro e fuori dal campo. E' un'autobiografia del cazzo. Perché Vendrame, come lui stesso ci tiene a sottolineare, è stato veramente un giocatore del cazzo. No, non perché non sapeva giocare al calcio. Perché era assatanato: scopava come un matto.
Autunno del 1976. Ezio Vendrame è stato svenduto dal Napoli al Padova in serie C. Vendrame è la stella della squadra. Ed il capitano. Una domenica gli amici Piero Ciampi e Marcello Micci da Roma raggiungono Padova per vederlo giocare. Leggenda vuole che, durante la partita, Vendrame, scorto in tribuna il suo poeta, abbia fermato il pallone con le mani ed interrotto il gioco per salutarlo. Per questo verrà ammonito. Ma se ne frega.
Più tardi commenterà: "Una partita di calcio è ben poca cosa di fronte a un poeta."
Carico i commenti... con calma