Se gruppi come Napalm Death e Carcass possono essere considerati coloro che hanno piantato il seme del grindcore allora potremmo definire i Bolt Thrower, insieme ad altri gruppi, i giardinieri che hanno provveduto a far crescere il genere. Infatti, pur essendosi imposti all'interno del panorama death, i Bolts hanno cominciato la loro avventura nel più grezzo ambiente hardcore, evolvendo in seguito il loro suono fino a giungere a ciò che conosciamo oggi. I primi due album ben rappresentano il loro stile originario, e se In Battle There Is No Law risulta a tratti inconsistente e monotono non si può certo dire lo stesso del suo successore: Realm of Chaos.

Registrato e pubblicato nel 1989, Realm of Chaos si colloca sicuramente tra le releases più interessanti dell'anno che vide la nascita definitiva del death metal. Il peso del disco non è paragonabile a un Altars of Madness o a uno Slowly We Rot, ma la sua importanza per l'evoluzione del genere è innegabile.

All'ascolto, l'album si rivela estremamente caotico, con chitarre bassissime (addirittura si parla di un la per l'accordatura!) che in preda a chissà quale furia distruttrice macinano riff grezzissimi e schiaccianti e una batteria sparata a mille che mai come in questo lavoro picchia blast-beat a tutto spiano, eseguiti con velocità e potenza non poco originale per l'epoca. Interessante, per una volta, il ruolo del basso, che si riesce a sentire e a tratti sovrasta le chitarre, pur non facendo nulla di particolarmente complicato e che comunque contribuisce a creare quell'atmosfera oscura che caratterizza l'album. Le song, in media 3-4 minuti, sono 10 composizioni molto veloci, certamente non eterogenee (d'altronde non stiamo parlando degli Opeth) ma non mancano episodi memorabili, come "Through the Eye of Terror" o "World Eater", dove i riff sono molto groovy e, oserei dire, epici (ma lontani dalla gaiezza autocelebrativa dei Manowar). Tra l'altro, a rendere più interessante il lavoro è la caratteristica alternanza tra parti più cadenzate e sfuriate a tutta birra alla Bolt Thrower (seppur ancora in forma embrionale), dando così luogo a canzoni a tratti doomy come "All That Remains" o canzoni decisamente più tirate e coinvolgenti come l'opener "Eternal War", veramente geniale per introdurvi nel regno del caos. Non posso negare che vi siano canzoni non dico evitabili, ma che certamente non lasciano nulla di particolare all'ascoltatore (come le affannose "Plague Bearer" e "Drowned in Torment").

Ad ogni modo questo disco è un episodio fondamentale nella genesi del death metal e rappresenta anche un punto di non ritorno per i Bolt Thrower, che dopo questa esperienza non saranno più così bassi, così veloci, così caotici, così grind come in quest'opera. Da avere assolutamente.

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