Miei cari lettori e lettrici, in occasione della mia recensione n° 100 (considerando solo quelle di cui non mi vergogno sarebbe la n° 51, ma ormai è inutile piangere sul latte versato) recensirò per voi un disco davvero speciale: l'album di debutto (nonché l'unico vero e proprio album) dei Great Speckled Bird, supergruppo canadese nato nel 1969 per volere di Ian e Sylvia Tyson; un progetto molto interessante che avrebbe meritato ben altra fortuna ma, complice il management disastroso della casa discografica per il quale fu originariamente pubblicato (la Ampex Records) e la reazione negativa dei fans delle sonorità fokie e acustiche del duo Ian & Sylvia il disco fu un colossale fiasco commerciale e gran parte delle copie rimasero a marcire nei magazzini della label: solo col tempo quest'album verrà rivalutato e diventerà una rarità per collezionisti (disposti a pagare una copia originale anche 300 dollari, stando alle dichiarazioni della stessa Sylvia Tyson), almeno fino a quando nel 2006 fu finalmente ristampato su CD dalla casa discografica Collector's Choice Music (nome alquanto emblematico). Come ho già detto, i Great Speckled Bird non sono un semplice allargamento di Ian & Sylvia ma una band vera e propria con un suo sound ben definito, un country rock elettrico molto energico e orecchiabile, sorretto dalla vena creativa e dal talento melodico dei suoi due principali artefici e dalla verve dei chitarristi Buddy Cage e Amos Garrett (che nel 2007 parteciperanno a "The Gift", album tributo a Ian Tyson)

Le 12 canzoni della tracklist, totalmente sgombra di riempitivi, formano un album piacevolissimo, scorrevole, arricchito da melodie di alta classe e decisamente vario e completo: se il discreto rock-blues dell'opener "Love What You're Doing Child" può quasi sembrare una specie di corpo estraneo non altrettanto si può dire del trascinante country-rock di canzoni come "Bloodshot Beholder", "Calgary", "Long Long Time To Get Old" e "Crazy Arms", cover di Ray Price risalente al 1955 e ripresa tra gli altri anche da Chuck Berry, Willie Nelson e Waylon Jennings o della scanzonata allegria di "Smiling Wine", "Disappearing Woman" e "Trucker's Cafe", in assoluto il brano più catchy del repertorio dei Nostri (tutte e tre scritte da Sylvia), che a quarant'anni di distanza suonano ancora fresche, piacevoli e attuali, così come l'impeccabile eleganza velata di malinconia di "Flies In The Bottle" e della trasognata "This Dream", mentre meritano un capitolo a parte ballate come la struggente e maestosa "Rio Grande", in assoluto il punto più alto dell'album e "We Sail", delicato gospel corale sulle note di un pianoforte, dall'atmosfera simile a quella di un inno religioso, che chiude l'album con un geniale colpo di coda creativo.

Insomma, il prodotto finale, sfortunato e incompreso come tante altre pietre miliari della musica, è un disco solidissimo da qualsiasi parte lo si prenda, che a cantare sia Ian ("Calgary", "Long Long Time To Get Old", "This Dream"), o Sylvia ("Trucker's Cafe", "Smiling Wine"), anche se il meglio viene sicuramente quando le due voci si intrecciano, come in "Disappearing Woman", "Flies In The Bottle", "Crazy Arms" e "Rio Grande", autentici capolavori composti  in stato di grazia e ispirazione. Se proprio non si ha la possibilità di acquistare l'album, queste canzoni un ascolto lo meritano comunque, sono dei piccoli tesori tutti da scoprire, che se solo avessero ricevuto un minimo di pubblicità e supporto mediatico avrebbero sicuramente tutt'altra notorietà, ma forse in fondo è meglio così, dischi come questo dopotutto sono fatti per chi li sa apprezzare.

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