Ci sono tanti tipi di cd.

C'è quello stupendo, che ogni tanto ascoltiamo ma che conosciamo già a memoria. Quello regalato da una ex-fidanzata, ex-compagno di classe o ex-qualcosa che abbiamo ascoltato una volta più per dovere che altro, è ancora lucido, quando lo apri sa di negozio e polistirolo. C'è il cd pluri-prestato, che ha passato talmente tanta gente che a dir la verità non sei neanche più sicuro sia tuo. Ci sono quelli "a doppia faccia", dei quali conosci benissimo 3 canzoni mentre le altre potrebbero essere anche sostituite da una bella carezza di gatto arrabbiato. Quello per il quale hai speso tanto ma volentieri, e quello per il quale rimpiangi di aver buttato via i 60 centesimi per il cd vergine. E poi c'è il cd che hai sempre avuto, da tantissimo tempo è lì, insieme a tutti gli altri, non sai bene da dove venga, nessuno te l'ha mai chiesto in prestito perché nessuno conosce né l'album e né la band, lo ascolti raramente, ma è uno di quelli che senti di possedere di più.

Per me "Complex" fa parte di quest'ultima categoria di cd. Mi ha seguito nei miei 6-7 traslochi, l'ho acquistato di seconda mano (e a giudicare dalla custodia doveva essere la 4° o 5° "seconda mano"...) non ricordo assolutamente dove, mi sembra nel '94 o '95. Il fatto che l'album sia uscito nel 1996 non scalfisce minimamente questa mia convinzione perché ormai "lui" è entrato nel mito ‘cidistico' della mia collezione, più importante di dischi pluri-consumati o pagati 20 Euri.

Non è che siano famosissimi gli Psychosis, anzi diciamo pure che li conoscono in pochi, questi Americani dello New Hampshire arrivati al secondo (ed ultimo) disco.

Ed ha tutte le carte in regola per essere un album bruttino, a partire dalla copertina: un' improbabile foto-puzzle davanti, gli stessi quadretti che fanno molto "parete del cesso" sul retro. All'interno (e dunque nascoste al momento dell'eventuale decisione di acquisto) subito una bella foto del sole che trafigge le chiome degli alberi di una foresta e stampato sul cd la stessa boscaglia verde-rossastra che si perde in un vortice deformante. Fare il contrario sembrava brutto? Boh.

La proposta musicale è un doom che più per la pesantezza colpisce per la sterilità di suono e per la voce monocorde al limite del petulante, mentre gli schemi e i fraseggi compositivi ricalcano più o meno il medesimo schema in quasi tutte le 12 tracce.

Nonostante ciò il miscuglio riesce ad essere convincente, ed a regalarci un album originale nella sua monotonia, a tratti sorprendente nella sua staticità di suono e voce, ben suonato e arrangiato con cura.

Non è massiccio come il metal-doom, non è avvincente come lo stoner, ma riesce a lacerare col suo incedere tentennante e con gli arpeggi che si perdono all'interno dell' atmosfera ovattata che permea tutto "Complex" e che alla fine ci lascia un sapore acre e persistente.
Funesti rumori introducono la prima "Useless", dove si nota subito il gran lavoro del basso di Mario che aiuta il suono a sprofondare verso malinconici lidi, ben coadiuvato dal drumming di Corey, secco e anonimo quanto preciso e necessario collante che unisce il tutto dando una direzione alle melodie di chitarra (Paul) a tratti deliziosamente svogliate ("High", "Cloud"). Il tutto è condito dai vocalizzi di Roddy, raramente potenti, sempre particolari, a volte quasi inappropriati; è proprio lo strano timbro di voce a dare quella particolarità a molte canzoni, col risultato che proprio i numerosi passaggi lenti e cadenzati risultano essere i migliori, ora esaltati da un growl secco e deciso, ora affondati da un cantato indeciso o da un lamento sgraziato.

Originale o monotono? Bel disco o ciofeca? L'indecisione attanaglia, ma io ho deciso. O quasi. Trovatelo, ascoltatelo, magari. O magari lasciate perdere, mah...
Se passate a casa mia, ve lo presto. O forse no.

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